Molto fumo, niente arresto   di Marco Travaglio   13 novembre 2013

Molto fumo, niente arresto di Marco Travaglio 13 novembre 2013




Molto fumo, niente arresto
di Marco Travaglio
La presidente della commissione Giustizia
della Camera, Donatella Ferranti del Pd,
annuncia in una lettera al Corriere che “il Parlamento
sicuramente discuterà la riforma della
custodia cautelare”, invocata da Piero Ostellino,
ma anche da Renzi e da altri esponenti democratici,
oltreché del Centro e del Pdl. C’è
addirittura “un testo base” che potrebbe “approdare
in aula a dicembre”. Il dibattito sul tema
si è acceso dopo l’assoluzione dell’ex Ad di
Fastweb, Silvio Scaglia, finito in carcere per 80
giorni e ai domiciliari per un anno nell’inchiesta
su una maxi-frode, e poi assolto in primo
grado a Roma; e dopo il messaggio di Napolitano
alle Camere sull’amnistia e l’indulto per
ridurre il sovraffollamento delle carceri. Un
mese fa, su 67.564 detenuti, 24.744 erano “in
attesa di giudizio”. Una cifra che spaventa e
sconvolge soprattutto chi non conosce le cose di
giustizia e parla per sentito dire. Secondo i dati
forniti dalla stessa ministra Cancellieri, i detenuti
ancora in attesa della prima sentenza sono
12.348, mentre 6.355 sono stati condannati
in tribunale e aspettano l’appello, e gli altri
4.387 sono stati condannati in appello e attendono
la Cassazione. La somma non fa 24.744,
ma poco più di 23 mila. Comunque l’ordine di
idee è quello. Ma non si vede quale “riforma”
possa ridurlo drasticamente senza mettere in
pericolo la sicurezza dei cittadini. Né come si
possa evitare di arrestare qualcuno che poi verrà
assolto, salvo rimpiazzare i magistrati con
degli indovini, o far scrivere le sentenze direttamente
ai pm. Checché ne dica Ostellino citando
l’Habeas Corpus, Kelsen, il positivismo,
Saint Simon, Comte, il nazismo e l’illuminismo
(ovviamente scozzese), la custodia cautelare
non è “un’autentica vergogna per il nostro Paese”
(esiste in tutto il mondo) né “una ruota medievale
usata da certi magistrati per strappare
una confessione qualsiasi per giustificare il proprio
arbitrario giudizio”. È una triste necessità
che lo Stato, per evitare che i cittadini si facciano
giustizia da soli, è costretto a prevedere come
extrema ratio nel periodo che passa fra la scoperta
del possibile autore di un delitto e la sentenza
definitiva: per evitare che il tizio fugga, o
inquini le prove vanificando il processo, o torni
a delinquere. Un periodo piuttosto breve nei
paesi che non conoscono tre gradi di giudizio
automatici, né l’esecutività delle sentenze solo
dopo l’ultima sentenza, e che non hanno una
giustizia sfasciata dalla classe politica: cioè in
quasi tutti, tranne l’Italia. Che infatti ha il record
di durata delle custodie cautelari, almeno
nelle statistiche. Poi la realtà è molto diversa.
In America, per esempio, il condannato presenzia
obbligatoriamente al primo processo e,
se viene condannato, finisce direttamente a
scontare la pena in carcere. E di lì eventualmente
presenta appello, ma solo in caso di nuove
prove (la nostra “revisione”). I ricorsi alla
Corte Suprema che passano il filtro di ammissibilità
sono un centinaio all’anno. In Italia 80
mila. Gli appelli dilatori e pretestuosi sono sanzionati
duramente, anche perché dappertutto
(fuorché da noi) chi ricorre contro la condanna
può beccarsi una pena più alta nel grado successivo
(reformatio in peius). Dunque, se non è
proprio innocente, non gli conviene ricorrere:
semmai patteggiare e chiuderla lì. Anche perché
la prescrizione si blocca all’inizio del processo,
mentre da noi galoppa fino alla sentenza
di Cassazione. Dal 1989, quando entrò in vigore
il nuovo Codice di procedura penale, il Parlamento
ha riformato la custodia cautelare ben
20 volte. Ora accorciando e ora allungando la
durata, ora restringendo e ora allargando i requisiti
a seconda dell'”emergenza” del momento,
per amore di popolarità. Tre anni fa, fu resa
obbligatoria per lo stupro (ma non per l’omicidio:
così agli stupratori conveniva ammazzare
la vittima dopo averla violentata). Poi si tentò di
fare altrettanto addirittura per lo stalking.
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