Neonata morta per una lite tra medici durante il parto: nessun colpevole per la Cassazione



BARI – Nessun colpevole per la morte di una neonata, avvenuta il 2 maggio 2016 nell’ospedale Di Venere di Carbonara, perché – era l’ipotesi accusatoria – un litigio tra medici per l’utilizzo della sala operatoria avrebbe ritardato il parto cesareo. La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro l’assoluzione dei due ginecologi e ha annullato altre due condanne. A più di otto anni dalla vicenda, il caso si chiude così senza responsabili, anche perché con i tempi lunghi della giustizia i reati sono ormai prescritti. Ma probabilmente – lo si capirà nelle motivazioni – anche perché nessuno ha avuto davvero colpa per quella tragedia.

L’indagine  Quando la neonata morì la Procura aprì un’indagine ipotizzando che la morte della neonata si sarebbe potuta evitare se il cesareo fosse stato eseguito prima. Quel giorno tutte le sale operatorie del reparto di Ostetricia erano occupate. I medici decisero quindi di rivolgersi al vicino reparto di Chirurgia generale per eseguire un parto cesareo urgente. Nella stessa sala operatoria era però programmato un altro intervento. Ne sarebbe seguita una lite tra medici che si contendevano l’utilizzo di quel lettino operatorio, tanto che la partoriente – questo ricostruirono gli investigatori – entrò nella sala operatoria con un’ora di ritardo. Di conseguenza, quando la bambina fu finalmente fatta nascere, era già in grave sofferenza per asfissia cardiaca dovuta al cordone ombelicale stretto attorno al collo. Le condizioni della neonata, infatti, si erano aggravate irreversibilmente e ai medici non restò che constatare il decesso della piccola.

I processi Il processo di primo grado celebrato a Bari a marzo 2022 con rito abbreviato si era concluso con la condanna, per omicidio colposo, a un anno di reclusione per i ginecologi Vito Partipilo e Carlo Campobasso, e a otto mesi per l’anestesista Antonio Simone. Fu assolto per insussistenza del fatto il primario di chirurgia generale Francesco Puglisi, uno dei presunti protagonisti del litigio che la Procura riteneva la causa del ritardo e quindi della morte della bambina. La Corte di Appello di Bari un anno dopo ribaltò in parte l’esito del processo. I due ginecologi Partipilo e Campobasso furono assolti «per non aver commesso il fatto», fu confermata la condanna a otto mesi per Simone e fu riconosciuta la responsabilità del primario, del quale la Procura non aveva però impugnato l’assoluzione, con condanna al solo risarcimento dei danni nei confronti dei nonni dalla bimba, assistiti dall’avvocato Felice Petruzzella (i genitori erano già stati risarciti).

Assoluzioni e condanne sono state poi impugnate in Cassazione e ora i giudici della Suprema Corte hanno scritto la parola fine. Sono stati dichiarati inammissibili i ricorsi della Procura generale contro le assoluzioni dei due ginecologici, che quindi diventano definitive. È stata annullata senza rinvio la condanna dell’anestesista Simone perché il reato è ormai prescritto ed è stata annullata – come chiesto anche dall’accusa – la condanna al risarcimento danni per il primario Puglisi. La Cassazione ha quindi accolto il ricorso della difesa, rappresentata dall’avvocato Michele Laforgia, rinviando alla Corte d’Appello civile di Bari per l’eventuale riassunzione del processo qualora la famiglia decida di impugnare la sentenza di assoluzione di due anni fa.


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www.lagazzettadelmezzogiorno.it è stato pubblicato il 2024-10-26 06:00:01 da


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