“Non chiamatela ghetto. Noi esempio di integrazione e inclusione”

“Non chiamatela ghetto. Noi esempio di integrazione e inclusione”


“Non chiamateci ghetto”. È il grido, unanime, che arriva dai tanti volti che compongono la 0.2 Fitness di via dei Mille, a Rimini: titolari, collaboratori e iscritti. “Se tutti i ghetti fossero come questa palestra, allora che ne sorgano di più, e ovunque”. Gianluca Boresta, insieme a Indrit Belba, è uno dei due proprietari della catena di palestre 0.2 Fitness. La più conosciuta, per ovvi motivi, è quella che si trova nella zona di Borgo Marina. Un quartiere che da molti viene definito nei termini di un “ghetto afro-asiatico”. 

Per Boresta, una definizione che non ha né capo e né coda. “La gente vive di pregiudizi, facendo di tutta l’erba un fascio – spiega -. Nella mia esperienza di vita mi è capitato di frequentare parecchie palestre, specie quelle londinesi. Lì, nessuno si pone il problema dinanzi a etnie diverse che interagiscono. A Rimini, invece, si tende ancora a guardare con sospetto un luogo in cui tante persone di nazionalità e culture differenti convivono in armonia, perché accomunate da una medesima passione: lo sport”.

Il percorso della 0.2 Fitness, prosegue il titolare, comincia nell’ottobre 2015, mese dell’inaugurazione. “All’epoca, qui a Borgo Marina, a essere gestiti da italiani c’erano solamente il bar che fa angolo con corso Giovanni XXIII, la scuola guida e la tabaccheria – ricorda -. Ora siamo rimasti noi e la scuola guida. Ma questo, in verità, non ci ha mai spaventati”.

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Certo, di commenti ne sono arrivati parecchi, specie in seguito all’apertura. “Molti mi dicevano che avevamo scelto di aprire in un ghetto, un posto in cui sembrava di stare in Africa, senza italiani – spiega Boresta -. Cosa rispondevo io? Che la differenza non la fa il Paese di origine, ma l’educazione delle persone. Chiunque non rispetti le regole, qui da noi, viene allontanato, ma ciò prescinde dalla nazionalità. Italiani, spagnoli, tedeschi, francesi, ucraini, pakistani, dominicani: sono tutti i benvenuti, a patto che rispettino le regole”.

“Non chiamatela ghetto. Noi esempio di integrazione e inclusione”

Alla 0.2 Fitness, tiene a rimarcare il titolare, il vero obiettivo è costruire un ambiente in cui si respiri umanità e integrazione. “Quando i clienti mi dicono che si sentono come in famiglia, capisco di aver raggiunto il mio scopo – conclude -. Vedere le persone socializzare, superare le barriere date dalla diversità, linguistica, religiosa o culturale che sia, è ciò che mi rende felice. La nostra filosofia? Dare a tutti la possibilità di allenarsi, senza eccezioni. Perché lo sport è una delle poche cose che unisce tutti”.

Qui lo staff

Parole, quelle adoperate dal titolare, che i suoi collaboratori non mancano di sottoscrivere. Così Lorenza Zuccaro, dirigente sportiva della 0.2: “Quando si presentano nuovi clienti sono sempre intimoriti, perché questa zona viene considerata il ghetto di Rimini a causa dell’elevata percentuale di stranieri che vi abitano. Io, dal canto mio, rispondo loro che è un luogo sicurissimo. Non a caso, i clienti che ci scelgono da anni non vorrebbero più andarsene”. Più che ghetto, sottolinea Zuccaro, il clima che si respira nello stabile di via dei Mille è un clima che sa di famiglia e di casa. “Alla 0.2 ho creato legami meravigliosi, ho imparato il vero significato del rispetto per l’altro e dell’assenza di qualunque pregiudizio – prosegue -. Qui, la parola d’ordine è inclusione”.

Luisiana Genovino, anche lei dirigente sportiva, è approdata alla 0.2 dopo dieci anni di vita all’estero. “Quando sono tornata a Rimini, dove sono cresciuta, ho detto a un paio di conoscenti che avrei lavorato in questa palestra. La risposta è stata: ‘Nel ghetto?’”. Una frase che Genovino non ha mai digerito fino in fondo. “Mi ha ferita profondamente, anche se ho capito subito perché la concezione della palestra fosse quella – motiva -. Qui ci sono persone di tante nazionalità, ma a me non è mai venuto di chiamarla ghetto. Al contrario, io la chiamo casa. Ogni giorno guardo negli occhi molti di loro, lontani dalle famiglie, che mi ricordano come mi sentissi sola quando ero in giro per il mondo. Quando entri nella 0.2, nessuno ti giudica per il tuo modo di vestire, allenarti o di parlare. Al contrario, ti senti parte di una famiglia dove tutti ti sorridono e ti chiedono se stai bene”.

Per il personal trainer Riccardo Bonfirraro, a permettere a così tante culture differenti di convivere è un unico fattore: l’amore per lo sport. “È ciò che mi colpisce di più – spiega -. Osservare come, a prescindere dall’età che si ha, dalla cultura, dal continente in cui si è nati, si venga qui per uno scopo che accomuna tutti: quello di migliorarsi e di fare qualcosa per se stessi. Qui scompaiono le differenze, appianate dalla passione per l’attività fisica”.

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Italia, Europa dell’est e del nord, Africa, America latina. Nella palestra di via dei Mille sembra di stare in una sterminata e variegata famiglia: parola di Eleonora Presta, di origine toscana, che frequenta la 0.2 da ormai un anno. “Mi sono sentita accolta nel vero senso della parola – afferma -. Tante origini e credi diversi che, fin dal primo giorno, hanno cercato di integrarmi in una realtà che in troppi definiscono come un ghetto. Se la si frequentasse si noterebbero subito la propensione al dialogo, allo scambio di opinioni, così come l’apertura verso l’altro. Per non parlare delle bellissime storie che ho avuto l’opportunità di scoprire”.

James Taveras, originario della Repubblica Dominicana, si allena alla 0.2 da svariati mesi. Le altre palestre, per sua stessa ammissione, sono soltanto un vago ricordo. “Ciò che mi colpisce di questo luogo è l’umanità che si respira, e che ti fa sentire a tuo agio a prescindere da tutto – racconta -. Essendo circondato da culture diverse, e potendo vedere l’educazione e il rispetto che tutti hanno nei confronti di tutti, reputo questa palestra ancora più speciale. Difficilmente ho respirato un clima così altrove”.

Oumarou Diaby, proveniente dal Mali, è approdato alla 0.2 nel giugno 2024. “Quello che dicono di noi non è vero, bisogna provare per credere – puntualizza -. Se si ascolta quello che si dice in giro, si finisce erroneamente per crederci. Entrando qui, invece, hai l’opportunità di scoprire persone bellissime e un ambiente piacevole in cui allenarsi. Perché qui, come in qualunque altro posto, conta l’educazione”.

Elena Machidon, nata in Romania da padre rumeno e madre ungherese, ha scelto la 0.2 di via dei Mille undici mesi fa. “Non mi sento una cliente ma una di famiglia – afferma -. Siamo persone di diverse nazionalità, chi dell’Est, chi dal Sud del mondo, chi dai Paesi latino americani. La cosa più bella? Vedere che tutti interagiscono tra loro, a prescindere da origine, lavoro, credo religioso. Qui non ci sono gruppi etnici. Soltanto un’unica, grande umanità”.

La 02 Fitness

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www.riminitoday.it è stato pubblicato il 2024-11-17 08:24:00 da


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