PALERMO – Il bar di Giuseppe D’Amore, in viale della Resurrezione, a Palermo, era considerato un luogo sicuro dove organizzare incontri riservati fra i boss di Resuttana. Si davano appuntamento all’interno del laboratorio, dove i poliziotti hanno fotografato Sergio Giannusa, il capo della famiglia mafiosa, il fratello Carlo e Mario Napoli. Sono tre dei sette indagati a cui ieri è stata notificata una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere.
“… tuo padre dov’è? Perché… dobbiamo andare a prendere le misure… là”, diceva D’Amore al figlio di Giannusa. Era un messaggio per il padre che poco dopo si precipitava al bar. Altre volte venivano scelti altri luoghi per le riunioni, ma a fare da tramite sarebbe stato sempre il titolare del bar.
“Palermo non si deve immischiare qua”, diceva il capo mandamento Salvatore Genova quando seppe che qualcuno, probabilmente legato alla famiglia mafiosa di Palermo centro, aveva in programma di aprire un bar vicino a quello di D’Amore. La concorrenza andava fermata.
Nell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Palermo c’è un episodio che va approfondito. Genova aveva incaricato D’Amore di parlare con il responsabile di un corso di infermieristica, affinché una parente del boss non pagasse la retta di tremila euro: “Gli dici che non se ne prende soldi, gli dici, perché se no li vuole (Genova in caso di pagamento avrebbe preteso la restituzione del denaro, ndr).
D’Amore recepiva immediatamente l’ordine. “Vuole fatto un favore all’Ordine – diceva il titolare del bar -. Ora prima gli tocco il polso… vediamo… che mi dice. Ma vedi che… è una persona… che a me… che… ci tengo… capi…”
livesicilia.it è stato pubblicato il 2023-11-16 16:37:31 da Riccardo Lo Verso
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