Palermo, rischiò di morire per un’aggressione: “Nulla è cambiato”

Palermo, rischiò di morire per un’aggressione: “Nulla è cambiato”


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PALERMO – “E’ successo ancora. Io cerco di rimuovere quello che mi è capitato, ma ogni volta che si verifica un episodio simile in ospedale, rivivo quei momenti”. Alfredo Caputo, primario di Endocrinologia oncologica all’ospedale Cervello di Palermo, ha vissuto in prima persona l’incubo della violenza nell’ambito della sanità.

L’aggressione un anno fa

L’anno scorso ha rischiato di morire dopo essere stato aggredito da un paziente che pretendeva dei farmaci consigliati da un altro specialista. Il medico si era rifiutato di darglieli perché mancava il piano terapeutico. L’uomo sarebbe quindi tornato in ospedale dieci giorni dopo, per mettere in atto la sua “vendetta”.

Era armato di taglierino. Lo ferì all’orecchio destro e gli recise il tendine del braccio sinistro: fu arrestato per tentato omicidio. “Ma da allora non è cambiato niente – commenta, sconfortato Caputo – anzi, credo che la situazione stia anche peggiorando. Fino a quando non si investirà seriamente sulla sicurezza nelle strutture ospedaliere, il fenomeno non si potrà arginare”.

Violenza in ospedale, l’ultimo caso

Il medico, che nonostante la terribile esperienza è nel frattempo tornato al lavoro, si riferisce all’ennesimo caso registrato nel suo ospedale. I familiari di una donna ricoverata al pronto soccorso hanno infatti scatenato il caos nell’area di emergenza, aggredendo un vigilante e un infermiere, che hanno tentato di strangolare.

“Non c’è più fiducia”

“Purtroppo non viene più rispettato il ruolo dei sanitari, non viene rispettata la loro professione. Si è rotto il rapporto fiduciario – dice Caputo -. Ciò è scoraggiante, perché rende imprevedibile il comportamento di chi si reca in ospedale”. Così è stato nel suo caso, quando il medico è stato colto alla sprovvista, mentre era seduto alla sua scrivania. Fu colpito alla testa, poi diverse volte con il taglierino.

“C’era sangue ovunque – ricorda Caputo – e ancora, oggi, per me, non è facile ripercorrere quei momenti. Lavoro tutto il giorno per evitare di pensarci, provo angoscia. E la provo ogni volta che i miei colleghi subiscono azioni simili”. La convivenza con la paura, dunque, è inevitabile. “Oltre alle ferite sul corpo – prosegue – ci sono quelle morali, la paura c’è e si cerca di gestirla per restare in allerta, soprattutto durante il lavoro in ospedale, dove si dovrebbe intervenire creando delle barriere, dei filtri”.

Come arginare il fenomeno

Secondo Caputo, infatti, il fenomeno si potrebbe contrastare intervenendo anzitutto sulle modalità di accesso negli ospedali. “All’ingresso dovrebbero essere consegnati i documenti, già questo, sono certo, rappresenterebbe un deterrente. Sono inoltre d’accordo con chi chiede il ripristino dei posti di polizia all’interno dei pronto soccorso, perchè il solo vigilante non può fronteggiare emergenze del genere o rischiare ogni volta la propria incolumità”.

“Siamo preoccupati e arrabbiati”

“Tra l’altro – prosegue – servirebbe investire ancora sulla vigilanza privata e sui sistemi di videosorveglianza”. Il medico parla di un’atmosfera demotivante: “Io e i miei colleghi siamo molto preoccupati, oltre che arrabbiati. Non si può andare avanti così, ogni area degli ospedali può diventare teatro di violenza, come è avvenuto nel mio caso, in reparto. A maggior ragione, è necessario intervenire nelle aree di emergenza, primo punto d’accesso. Dobbiamo prendere atto di come sia cambiato il rapporto tra il medico e i pazienti”.

L’appello

E proprio a quest’ultimi, Caputo si rivolge: “Si va nelle strutture sanitarie per essere assistiti: medici, infermieri e tutti gli altri operatori, sono lì per aiutare e fare del loro meglio. Arrivare in ospedale con pregiudizi e predisposizione allo scontro non serve. Invito al rispetto e alla fiducia, perché chi deve offrire assistenza non cerca di certo ostilità. Le cose devono cambiare, lavorare in questo modo è impossibile. Lo ripeto, bisogna investire su interventi volti alla sicurezza – conclude – ma serve inevitabilmente la collaborazione dei cittadini”.

[ad_2] L’articolo Palermo, rischiò di morire per un’aggressione: “Nulla è cambiato”
livesicilia.it è stato pubblicato il 2025-06-02 06:00:00 da Monica Panzica


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