Polignano e Mola, la santa alleanza per dare vita al Museo del mare


MOLA DI BARI – Sarà una sorta di «rinascita» quella dell’enorme capodoglio, spiaggiato e morto nel settembre del 2014, la cui carcassa è stata trasferita nei giorni scorsi nei laboratori del Centro di ricerca «Ketos» di Taranto, gestito da esperti e oceanografi della JDC, «Jonian Dolphin Conservation» del capoluogo ionico. A darne notizia è lo JDC, che ricostruisce la vicenda: «Nel 2014 la grande carcassa di un capodoglio si spiaggiò a Polignano, nei pressi del porto turistico. Il recupero del relitto fu complesso, poi il cetaceo fu reimmerso per recuperarne le sole ossa. Per 10 anni le stesse erano rimaste conservate a deposito».

Ora questi resti, previa convenzione già sottoscritta con il Comune di Polignano, sono stati trasferiti a Taranto e affidati agli specialisti che potranno ricostruire lo scheletro del capodoglio, lungo circa 13 metri, per esporlo con ogni probabilità in un istituendo museo del mare.

Come avverrà la ricostruzione dello scheletro? «Per la ricostruzione, che si annuncia complessa – fanno sapere i ricercatori – coinvolgeremo anche artisti e artigiani pugliesi che realizzeranno le parti mancanti. Non solo: coinvolgeremo nel progetto le scuole di Polignano, in un contest per dare il nome al capodoglio».

I dettagli dell’operazione verranno resi pubblici ad ottobre, in una conferenza stampa: «Alla presenza del sindaco di Polignano, racconteremo il progetto e presenteremo gli artisti pugliesi coinvolti».

Questo lungo progetto di recupero, che verrà documentato in ogni sua fase, rappresenta un’impresa di straordinaria importanza e unica in Italia per la collaborazione fra istituzioni pubbliche e istituzioni scientifiche, per un obiettivo comune: restituire alla comunità il fascino di questi giganti del mare, spesso minacciati valorizzando gli aspetti di ricerca e di divulgazione. La salvaguardia dei cetacei nell’Adriatico passa, infatti, anche attraverso la conoscenza delle specie che lo abitano.

Lo spiaggiamento di questo capodoglio, era avvenuto, secondo il Wwf che nel 2014 partecipò al recupero del relitto, a seguito delle operazioni air gun (bombardamento dei fondali al largo della Puglia e dell’Abruzzo) di ricerca del petrolio. In quel periodo ben 7 cetacei furono spiaggiati dalle mareggiate sulle coste del basso Adriatico. Quel tragico evento si sta trasformando, adesso, in un’opportunità: può essere un nuovo tassello in grado di incentivare anche il turismo.

Negli ultimi anni, i fondali hanno regalato, infatti, nuovi tesori. I ritrovamenti più recenti riguardano 15 anfore integre, di tipologia greco-italica, recuperate al largo di Mola dal Nucleo salvaguardia dei beni sommersi ed ora conservate dalla Soprintendenza. Un’anfora arabo normanna rivenuta sui fondali di cala San Giovanni. In località Cozze, i volontari di Legambiente hanno ritrovato, nel 2013, i resti di una caracca (nave mercantile) genovese. L’interesse degli archeologi marini per il tratto litoraneo barese è inoltre confermato da diverse iniziative scientifiche promosse dall’Università e dal Politecnico di Bari (Dipartimento scienze della terra) con la supervisione della Soprintendenza.



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www.lagazzettadelmezzogiorno.it è stato pubblicato il 2024-09-03 10:30:45 da


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