«Mio marito? È sempre presente. Nella mia gestione pratica ha voluto imparare a fare tutto. Quindi, quello che si faceva insieme prima, adesso lo si fa ancora più insieme, perché io lo faccio tramite lui».
È trascorso un anno da quando la vita di Matteo Maj e Giulia Gardani è cambiata drasticamente a causa di un tremendo e inimmaginabile incidente stradale avvenuto mentre erano in viaggio di nozze a New York: un’auto condotta da una ragazza affetta da disturbi mentali li ha falciati in pieno mentre camminavano sul marciapiedi a Manhattan.
Per Giulia soprattutto – che ha riportato le ferite più gravi alla colonna vertebrale – dopo il ricovero d’urgenza e gli interventi chirurgici è iniziata una dura riabilitazione, prima all’unità spinale del Niguarda e oggi nel centro specialistico dell’ospedale di Fiorenzuola.
Ma in questi dodici mesi, grazie all’amore del marito, dei genitori, e all’affetto di tanti amici, la 35enne (maestro federale di tennis e con un passato da atleta professionista) guarda avanti con tanta determinazione nonostante le innumerevoli difficoltà legate al suo stato attuale di salute che non le permette ancora di muovere le gambe e le mani.
«Il tennis resta sempre la mia passione» confessa subito: «Da vedere, da giocare e da insegnare».
Giulia frequenta da qualche anno il circolo della Farnesiana: per lei è come una seconda casa. E il tennis è più di un mestiere, è una passione pura. Proprio poche ore fa ha ricevuto uno dei più bei regali immaginabili: Jannik Sinner, il campione italiano numero uno del mondo, le ha inviato un video per salutarla e farle sentire la sua vicinanza.
«È stata una sorpresa bellissima – racconta – mio marito è arrivato in ospedale e mi ha detto “guarda c’è un video per te, me lo hanno mandato con un messaggio”. Quando ho visto Jannik Sinner che dice “Ciao Giulia” direttamente dagli Us Open, è stato fantastico. Non me lo sarei mai aspettato di vedere il numero uno al mondo del tennis che pronuncia il mio nome, che sa che cosa mi è successo, e che dice “ci vediamo presto”. Quindi magari lo andremo a incontrare agli Atp Finals a Torino».
«Quello che è trascorso dall’incidente è stato un anno assurdo – spiega Giulia – durante i primi mesi al Niguarda non mi rendevo contro di nulla, ero stata proiettata di colpo in un mondo che non conoscevo e che non capivo. Prima dell’incidente, per me un disabile era uno senza le gambe su una carrozzina, che si spingeva da solo e che comunque poteva ancora fare tutto con la parte superiore del suo corpo. Per me invece non è stato così. Allora sono partita con l’idea che prima o poi le mie mani sarebbero tornate a muoversi, ma non è ancora avvenuto: oppure pensavo che certe cose le avrei potute comunque fare da sola. Fino a marzo avevo la quasi certezza che sarei tornata a fare tutto, poi però ho capito che non sarebbe stato così e quindi è subentrata la rabbia».
Quando Giulia parla della sua riabilitazione fisica sa perfettamente che deve lavorare duramente anche solo per ottenere piccole conquiste: «incassare un centimetro per volta» spiega essere il risultato da prefissarsi.
«Essere una sportiva professionista mi sta aiutando tanto – aggiunge – perché la testa che avevo in allenamento, l’atteggiamento di dire “ancora uno” oppure “riproviamo”, mi aiuta a provarci anche in questa situazione. Ovviamente adesso le sconfitte sono più pesanti, perché spesso non sai come controbattere. Ma quella mentalità di dire “faccio ancora uno scambio” adesso la porto in palestra tutti i giorni durante la mia riabilitazione. Ci sono momenti in cui è davvero difficile, ma la cosa che certamente mi aiuta di più è la voglia di fare, di schiodarmi da quel letto di ospedale e di dire “fatemi fare qualcosa”. Il lavoro oggi può essere anche solo un piccolo peso tirato su con il mignolo della mano, ma almeno sto facendo qualcosa».
«Quello che oggi mi dà più piacere e soddisfazione è andare ancora al centro Farnesiana: stare sui campi da tennis, allenare i ragazzi, dare una mano nella gestione dei campi da tennis in modo che siano pieni. E’ una grande soddisfazione far combaciare bene le cose».
Oltre alla riabilitazione fisica quotidiana, Giulia e Matteo guardano sempre con grande attenzione anche al progresso medico e scientifico, alla ricerca di terapie innovative che possano migliorare la loro situazione: «Tra pochi giorni farò un intervento chirurgico a Castelsangiovanni che mi permetterà di ridurre alcune fastidiose contrazioni involontarie, e quindi di migliorare la qualità della vita, permettendomi di muovermi meglio anche negli spostamenti. Poi si attenderà che possa giungere ancora qualche piccolo movimento in più, alle mani o alle gambe, per poi darci dentro e lavorarci con la riabilitazione. L’unico modo per poter risvegliare qualcosa in più è lavorarci».
Giulia e Matteo hanno preso di recente una casa alla Baia del Re che sia il più possibile compatibile e a misura con le loro esigenze quotidiane molto particolari. Inoltre tutta la gestione della disabilità, nel concreto, è noto che comporti per forza tante spese prima non preventivate. Ma anche in questo caso purtorppo, per colpa di alcuni cavilli e dinamiche assicurative internazionali, il detto più vero è ancora “oltre il danno la beffa”.
«Probabilmente qualcuno potrebbe pensare che siamo diventati milionari grazie ai risarcimenti dopo l’incidente – spiegano Giulia e Matteo sorridendo sarcasticamente – invece a livello assicurativo dall’America non abbiamo ancora visto un euro, e probabilmente non ne vedremo nemmeno in futuro. D’altronde ricevere un risarcimento ci permetterebbe soltanto di fare le cose quotidiane più comodamente e con meno difficoltà, perché tutto ciò che riguarda la disabilità ha costi altissimi, ma nessun rimborso potrà mai restituirci quello che abbiamo perso».
«Il mio futuro? Quando la mia situazione migliorerà un po’ e me lo permetterà, io mi vedo di nuovo a impugnare una racchetta da tennis sul campo, e anche con una valigia in mano su un aereo a girare per il mondo insieme a mio marito. Andrei ovunque, forse non di nuovo in America perché Matteo non sarebbe molto dell’idea credo – racconta sorridendo – anche se io invece ci tornerei senza problema. Mi piacerebbe visitare i grandi parchi, a Los Angeles o San Francisco, oppure fare certi viaggi naturalistici in Scozia o in Islanda. Tutto però sempre insieme a mio marito».
www.ilpiacenza.it è stato pubblicato il 2024-09-01 12:28:47 da
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