Quattro militari della Brigata Sassari lievemente feriti nella base Unifil di Shama. L’intervista al top gun aquilano, Maurizio Cocciolone, catturato durante la prima Guerra del Golfo: “Riaffiorano i ricordi”.
“In quei momenti, inevitabilmente, riaffiorano i ricordi delle tante operazioni, di addestramento, di pace, ma anche quelle in cui i cannoni sparavano davvero e la discriminante diventava la vita o la morte”. Così Maurizio Cocciolone, il top gun aquilano che fu catturato durante la prima Guerra del Golfo dalle truppe irachene, racconta al Capoluogo d’Abruzzo le impressioni a caldo relativa alla notizia del ferimento di quattro militari italiani in Libano, nella base Unifil di Shama. Per fortuna per loro solo escoriazioni, dopo che uno dei proiettili lanciati contro la base della missione internazionale ha colpito l’area esterna del loro bunker. Inevitabilmente, quindi, tornano alla mente le immagini più significative: “I momenti belli e i momenti tristi, quelli in cui nel tuo intimo ti sentivi un supereroe a servizio dell’umanità oppure quelli in cui ti ritrovavi solo a combattere, anche contro te stesso, per trovare valide motivazioni per sopravvivere”.
“La vita di un soldato – spiega Cocciolone – non é facile; non lo era ai tempi della Guerra Fredda, quando in continui addestramenti, più o meno visibili ed in genere poco apprezzati dalla società esterna, continuavi a domandarti se davvero ne valeva la pena, tolta quella pazza voglia di volare e di sfidare la natura. Cosi come non lo é oggi, quasi continuamente impiegati in operazioni, più o meno di pace, lontani da casa e dai propri affetti, rischiando anche la vita e non sempre con la certezza cha la società apprezzi davvero quello che stai facendo. Sono certo che i miei colleghi si stanno dibattendo nelle mie stesse incertezze di qualche anno fa, e il mio pensiero è tornato a quei momenti, a quelle stesse vicissitudini, sperando che anche loro possano trovare nella vicinanza dei propri colleghi, nell’addestramento ricevuto, nella propria famiglia, la forza d’animo ed il coraggio necessari per andare avanti, anche quando la situazione si fa più difficile e non ti senti proprio un eroe”.
Sull’escalation di scontri in Medio Oriente, sottolinea: “La situazione è certamente difficilissima, tra le peggiori, dalla fine della Guerra dei Sei giorni. I continui attentati terroristici, la guerra in Siria, ‘instabilità in Iraq, i continui ‘attriti’ tra le varie fazioni, le organizzazioni paramilitari in Libano e nello Yemen organizzate e gestite dal regime iraniano, sono da anni sotto i nostri occhi e da un lato hanno contribuito ad arricchire le élite, inflazionando il valore del petrolio, ma dall´altro hanno impedito il sano sviluppo della sottostante e più ampia società, continuando a rinvigorire conflitti atavici e mai sopiti. Oggi con l’indebolimento strategico degli USA (che ci veda favorevoli o meno, fino ad oggi guardiano della pace mondiale) e dell’Europa, con la crescita di potenza di Cina e India, con l’isolamento ad occidente della Russia, con i nuovi equilibri ricercati da più paesi del globo, che di fatto hanno infranto, o quantomeno messo in discussione, i precedenti equilibri mondiali, la situazione ritengo sai oramai diventata esplosiva e pericolosissima. Ancor di più se si considerano la guerra in Ucraina, i focolai ed i conflitti sparsi qua e là per il pianeta e l’inadeguata preparazione militare dell’Occidente”.
Ma c’è per lei la possibilità che si torni indietro?
“Non credo proprio si possa tornare rapidamente, probabilmente mai, alla precedente situazione di equilibrio instabile. Il mondo é radicalmente cambiato, nuove minacce crescono, armi di distruzione di massa proliferano e si diffondono, vecchie alleanze non si evolvono, nuove diseguaglianze amplificano vecchi attriti ed i rischi per conflitti a più ampia scala crescono. In questo inquietante contesto mondiale l’Europa ancora si gongola nel passato e nel “politically correct”, fa fatica ad organizzarsi, per tornare ad essere un efficace e credibile polo di equilibrio, e si divide dietro irrealistici e insensati interessi nazionali, di fatto condannandosi all’irrilevanza strategica, indirettamente contribuendo ad aggravare la situazione.
I soldati italiani sono al sicuro?
“I nostri soldati – sottolinea Maurizio Cocciolone – sono preparati e motivati, conoscono bene il territorio e la situazione da anni, ma in quel contesto esplosivo, può succedere di tutto ed è del tutto evidente che più nessuno (né Israele, né Libano oppure Hezbollah) vuole come testimoni degli intrusi, messi li per evitare un conflitto che è oramai diventato guerra aperta. Il loro ruolo é di fatto venuto meno, ma ha ben fatto l’Italia a fare squadra, in una situazione di interesse globale, dove solo le Nazioni Unite hanno il dovere di prendere una decisione definitiva e urgente”.
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