Uccise sorella, Scagni punta allo sconto di pena – Notizie

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Alberto Scagni, l’uomo che il primo maggio 2022 uccise a
Genova Quinto la sorella Alice, punta allo sconto di pena. I
suoi legali Mirko Bettoli e Alberto Caselli Lapeschi hanno fatto
ricorso in Cassazione sostenendo che non ci fu premeditazione.

   
L’udienza è fissata per l’8 ottobre. In primo e secondo grado
Scagni è stato condannato a 24 anni e sei mesi ed è stata
riconosciuta la seminfermità. In entrambi i gradi, i giudici non
hanno riconosciuto le altre due aggravanti: quella della
crudeltà e del mezzo insidioso (il coltello nascosto in un
sacchetto di plastica).

   
Per i legali di Alberto, anche l’aggravante della
premeditazione deve cadere. In primo luogo perché non sarebbe
provata la sua sussistenza e poi perché non sarebbe compatibile
con il vizio parziale di mente. Se gli Ermellini dovessero
accogliere il ricorso, rinviando alla corte d’assise d’appello
di Milano, Scagni potrebbe chiedere l’abbreviato e beneficiare
così dello sconto previsto per il rito alternativo.. La
condanna, a quel punto, potrebbe arrivare a 16 anni. Il giorno
del delitto Scagni minacciò i familiari perché voleva dei
soldi. In poche settimane aveva sperperato 15 mila euro del suo
fondo pensione. “Fra cinque minuti io controllo il conto, se non
ho i soldi stasera tua figlia e Gianluca (il marito, ndr) sai
dove sono? lo sai dove c… sono?” disse ai genitori. Una
telefonata terribile che annunciava l’omicidio compiuto poco
dopo. L’uomo dopo la chiamata andò sotto casa della sorella
Alice e, secondo l’accusa, la aspettò per diverse ore. Ma prima
del delitto il padre chiamò la centrale operativa della polizia
segnalando il pericolo. Gli agenti risposero di rimanere in casa
e richiamare nel caso il figlio si fosse presentato da loro e di
fare una denuncia.

   
Dopo l’omicidio i genitori avevano presentato un esposto,
tramite l’avvocato Fabio Anselmo, contro due agenti della
centrale e la dottoressa della Salute mentale della Asl3 perché
secondo loro erano stati sottovalutati gli allarmi e le
richieste di aiuto. Per quel fascicolo, per cui erano indagati
due agenti e la dottoressa della salute mentale, il giudice
Carla Pastorini ha accolto la richiesta di archiviazione.

   

   

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