Umbertino quartiere di ‘affittacamere’, necessarie politiche per ritrovare il senso di un destino di comunità


Gli interventi di Moreno Veschi e Antonella Franciosi danno uno spunto di riflessione su un tema che non è soltanto quello della rigenerazione di un quartiere, quello Umbertino, ma è più in generale la riflessione sulla visione del nostro territorio e della nostra comunità. Nello specifico credo che i due interventi siano nel complesso condivisibili, soprattutto mi persuade l’idea che si debba ritrovare il senso di un “destino di comunità” investendo nella partecipazione attiva dei cittadini, nelle scelte urbanistiche, nel recupero di spazi di socialità.

I cittadini devono sentirsi capaci di cambiare il proprio destino ma anche tutti insieme, di cambiare quello del proprio quartiere e della propria città. È per questo che Arci ha provato con insistenza a evitare la chiusura dei propri circoli presenti nel centro storico. È stato citato il Btomic, grande centro d’arte, luogo iconico in cui hanno trovato spazio artisti che oggi hanno raggiunto una fama internazionale, luogo di incontro e di cultura, ma ricordo anche il circolo della comunità domenicana nel quale si è praticata tanta attività di politica attiva, di azione sulla comunità per aumentarne la consapevolezza e l’integrazione.

Non credo che chiudendo e implementando una politica securitaria si garantisca la maggiore vivibilità di un quartiere ma è attraverso la condivisione di spazi, le politiche di integrazione e di partecipazione attiva che si possono ridurre criticità e conflitti sociali. È solo attraverso un processo di inclusione sociale collettivo che si possono superare conflitti o criticità di convivenza.

Al tempo stesso credo che sia un po’ superato anche ritenere che il quartiere Umbertino sia semplicemente il quartiere etnico della città. Le scelte politiche di questi ultimi anni hanno condizionato moltissimo la socialità e la vivibilità del centro e anche dei quartieri limitrofi. Se penso al quartiere Umbertino di oggi penso che sia  soprattutto un quartiere di “affittacamere”, dove poche sono rimaste le residenze effettive e dove, per fortuna, a mio parere, residuano tracce delle comunità che ancora lo abitano: negozi etnici, locali, semplici crocchi di persone che si ritrovano in strada.

È proprio su queste tracce di comunità e con queste persone che credo si debba provare ad agire un cambiamento sociale prima ancora che urbanistico.

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www.cittadellaspezia.com è stato pubblicato il 2024-08-29 10:41:42 da


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