Nella chat riportata nell’informativa dei finanzieri di Oristano – resa nota dall’agenzia Adnkronos – la donna invita il porporato ad avere coraggio, «vedrai che la verità trionferà»
Angelo Becciu, il suo clan familiare, i preparativi per registrare di nascosto la telefonata a Papa Francesco, «prova memo vocale, prova, prova…», e fargli dire qualcosa che servisse a scagionarsi. E le chat vernacolari con i parenti: l’informativa della Guardia di Finanza di Oristano, con tanto di glossario sardo-italiano per aiutare la comprensione – tipo «Zizzu», ovvero «Ciccio» per il pontefice, e «puzzinosos», o «fetenti» e pure «demoni», a indicare chi conduce le indagini – mostra un cardinale Becciu che, sempre più preoccupato alla vigilia del processo iniziato il 25 luglio 2001, e che lo vede imputato in Vaticano per la compravendita del palazzo londinese e l’uso dei fondi della Segreteria di Stato, arriva a scrivere a Giovanna Pani, compagna del fratello, a proposito del Papa: «Non pensavo arrivasse a questo punto: vuole la mia morte».
È il 22 luglio 2021, due giorni prima della telefonata a Francesco registrata da Becciu con l’aiuto della nipote Maria Luisa Zambrano, figlia di Giovanna Pani. Gli stessi finanzieri, nell’informativa trasmessa su rogatoria del Vaticano e pubblicata dall’AdnKronos, annotano che le conversazioni, recuperate dal sequestro dei cellulari, mostrano «un regime condiviso di sostanziale ostilità nutrito da costoro verso le autorità giudiziarie vaticane e il pontefice». Come quando, il 13 luglio, Becciu saluta in chat i suoi: «Buongiorno! Un bel programma per oggi», e uno scrive: «Un colpo in testa al Papa», al che il cardinale replica «non ci riesco» e l’altro risponde: «Lo facciamo noi», prima che un’altra dica: «Dio ha il controllo di tutto, non c’è nulla da temere, basta credere, fidarsi e rigranziarLo».
Il cardinale e i suoi si sentono isolati. Dopo lo scandalo, il 24 settembre 2020 il Papa aveva tolto a Becciu i «diritti e le prerogative del cardinalato»; con un motu proprio, il 20 aprile 2021 ha permesso che per la prima volta un cardinale fosse processato in Vaticano. Becciu dice di avere avuto le autorizzazioni dal Papa, deve giustificare i fondi che sostiene siano stati spesi per la liberazione di una suora colombiana, 575 mila euro versati a Cecilia Marogna e usati, secondo l’accusa, per spese personali. Così, il 22 luglio, Becciu scrive che il Papa «vuole la mia morte» e Giovanna Pani: «Vedrai che la verità trionferà». Il cardinale replica: «Per ora sono loro a trionfare e trafiggerci!», e lei: «Ma la vittoria sarà degli onesti». A proposito del Papa, «su Mannu» («il maggiore»), Pani dice a Becciu: «È cattivo, vuole la tua fine». Il cardinale risponde: «Non vuole fare brutta figura per la condanna iniziale che mi ha dato». E aggiunge: «Mai avrei immaginato, non (che) un Papa ma un uomo arrivasse a tanto». E l’altra: «È un grande vigliacco, ma tu combatti e fai risplendere la verità, è dura lo so, coraggio vinceremo in pieno…C’è del marcio in Vaticano».
Becciu scrive ancora: «E come ne uscirà la Chiesa? A me le ossa le hanno già rotte e non farò più notizia...Che razza di responsabilità si è assunto chi ha adottato questa politica di falsa e inopportuna trasparenza. Tutti come pere cotte ne scendiamo. Credibilità zero». La telefonata al Papa del 24 luglio («Mi ha dato o no l’autorizzazione?»), registrata con l’aiuto della nipote e un altro uomo – di qui l’accusa di associazione a delinquere -, non ottiene nulla. Il processo va avanti, ieri la trentottesima udienza con l’ interrogatorio all’accusatore Alberto Perlasca e tanti «non ricordo». Il mese scorso il presidente, Giuseppe Pignatone, è sbottato: «Così arriviamo al 2070».
25 novembre 2022 (modifica il 25 novembre 2022 | 21:38)
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roma.corriere.it è stato pubblicato il 2022-11-25 21:44:44 da Gian Guido Vecchi
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