File chilometriche per il permesso di soggiorno in via Ruffini


Nuova giornata di disagi e file interminabili per gli immigrati in attesa di documenti a Torino. È successo nuovamente nella sede di via Ruffini a Torino, a testimonianza che lo sportello, di vitale importanza per la permanenza regolare di uomini e donne sul territorio italiano, non riesce a garantire un servizio adeguato all’utenza”, denuncia la CGIL

Le cause

Le ragioni alla base del malfunzionamento dello sportello sono diverse e le denunciamo da tempo. Nonostante gli annunci, il sistema di prenotazione online stenta a funzionare, portando uomini e donne a presentarsi di fronte agli uffici per ottenere un appuntamento, senza la certezza di ottenerlo. Il personale amministrativo, precario e in scadenza di contratto, e quello della Polizia di Stato è insufficiente e opera in condizioni difficili per dare risposta alle domande provenienti, tanto che il percorso per il rinnovo del permesso di soggiorno arriva a durare mesi, quando non anni. Non esistono figure professionali, come i mediatori culturali, che possano agevolare le richieste dei migranti, alle prese con un groviglio burocratico difficile da comprendere. Prendere un appuntamento con Prenotafacile è molto difficile e in alcuni casi impossibile. Sorte simile per mail Pec inviate con urgenza, che non hanno ottenuto risposta. Elementi questi che costringono a riversarsi nelle code per ottenere risposte”. 

La sentenza del Tar

È evidente che la situazione, dopo anni di correttivi e risposte parziali, come dimostrato dalla sentenza del Tar del Piemonte che ha condannato la Questura di Torino per il ritardo e il ‘silenzio’ nella trattazione di una pratica per la regolarizzazione di un immigrato, debba essere affrontata nel suo complesso, apportando modifiche urgenti al servizio per garantire alle persone migranti quello che è a tutti gli effetti un diritto: vivere nella regolarità nel nostro Paese”. Il riferimento è alla sentenza del Tar del Piemonte che ha condannato la Questura di Torino per il ritardo e il “silenzio” nella trattazione di una pratica per la regolarizzazione di un immigrato straniero. Il 5 giugno 2023 l’uomo aveva chiesto il rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato ma non aveva ottenuto risposta, tanto che il 28 ottobre dell’anno successivo aveva dovuto riattivare il procedimento allegando nuovamente la documentazione necessaria. Lo scorso gennaio, tramite gli avvocati Andrea Scozzaro e Giacomo Venesia, ha presentato un ricorso al Tar chiedendo che venisse accertata “l’illegittimità del silenzio serbato dall’autorità procedente”. I giudici gli hanno dato ragione, ordinando all’amministrazione di provvedere entro 60 giorni. La Questura dovrà anche pagare le spese di lite, quantificate in 1.200 euro.
Fonti vicine al ricorrente affermano che a Torino sono numerosi i casi del genere.

Le richieste della CGIL

“Chiediamo quindi – continua la CGIL di informatizzare il percorso di prenotazione e presentazione delle domande, di garantire la presenza di personale adeguatamente formato ad indirizzare la gente in coda (mediatori culturali e personale di Polizia adeguatamente formato) e di aumentare e stabilizzare l’organico amministrativo e di Polizia, nonché chiudere la strada al traffico automobilistico e predisporre la zona con strutture adeguate, visto l’arrivo delle alte temperature. Ci chiediamo, inoltre, a che punto sia l’iter di approvazione del protocollo condiviso in sede prefettizia a metà febbraio, con il contributo del sindacato e di altri enti, di cui ancora non abbiamo notizia. Uno strumento non risolutivo ma importante per agevolare le informazioni, supportare le persone migranti e garantire una migliore agibilità di un diritto ancora da conquistare: quello di vivere e lavorare nella legalità. Il sindacato è pronto a fare la sua parte. Uno Stato che si dichiari civile non può permettere che le persone migranti vivano e lavorino nell’illegalità, rischiando di essere recluse in un CPR, perché non è in grado di garantire un servizio”.

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