Giuliano Montaldo, omaggio a un grande regista e a un amore eterno

Giuliano Montaldo, omaggio a un grande regista e a un amore eterno


Giuliano Montaldo, a cui è dedicata la diciottesima edizione della Festa del Cinema, sarà ricordato in un incontro che si terrà sabato 21 ottobre alle ore 15 nella Sala Cinecittà, realizzato in collaborazione con la famiglia Montaldo.

Il regista e attore, scomparso nel mese di settembre, non è stato solo un grande autore del cinema italiano, ne è stato uno dei protagonisti ma, soprattutto, è stato il marito di Vera Pescarolo. Un grande amore (La nave di Teseo, 2021) si intitola il suo libro autobiografico: un grande amore è stato certamente quello tra Vera e Giuliano, ma anche quello che hanno provato per Giuliano tutti coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo. Saranno presenti la figlia Elisabetta Montalo e il nipote Inti Carbone.

E proprio il nipote Inti Carbone all’Auditorium del Parco della Musica, in apertura della Festa del Cinema, ha ricordato la figura del nonno con la lettura di una lettera “composta con sue parole che ho tratte da testi, interviste e racconti, sono sicuro che avrebbe voluto salutarvi cosi”.

“Gentile pubblico in sala, colleghi, amici, lavoratori dello spettacolo.
La mia infanzia fu rubata dalla guerra.
A 13 anni la casa di Genova venne distrutta da un bombardamento alleato. Sfollati a Novi Ligure, per via del mio precoce metro e 90 di altezza fui rastrellato dai fascisti, stipato su un treno insieme agli adulti e mandato dai nazisti a scavare trincee sul fronte di Montecassino. Dopo un bombardamento riuscii a fuggire, e mi riunii alla resistenza in Liguria.
Dopo la liberazione, grazie ad un magnifico insegnante, riuscii a placare la rabbia che avevo per le violenze vissute e a recuperare gli studi, cominciando a recitare a teatro a Genova.
Fu il mio modo di recuperare la fantasia dei giochi che mi era stata negata dalla guerra. E fare cinema è un bellissimo gioco, nonostante nei miei film io abbia fatto sempre morire tutti i protagonisti!

Il mio primo set da attore fu Achtung Banditi, di Carlo Lizzani. Era stata un esperienza magica. Ero li per recitare, ma stavo sempre attaccato ai tecnici, riempiendoli di domande. Chiesi consiglio a Nasone, il capo macchinista che lavorava spesso con Rossellini! Con la mia educazione genovese gli dissi “Dottor Nasone, pensavo di trasferirmi a Roma”.
Spiazzato forse dal mio “dottore” mi rispose “A Monta’, lascia perdere, il cinema è in crisi!”. Era il 1951.

I primi anni sono stato giornalista, attore, aiuto regista, e ho capito che il cinema è un lavoro collettivo, dove ogni professione ha la sua dignità e contribuisce alla riuscita dell’impresa. Alle comparse la mattina sul set dico sempre: “voi oggi siete stati vestiti, siete stati truccati, e per me quindi siete tutti attori – ora parliamo della scena che dobbiamo girare”

Tiro al Piccione, il mio film di esordio da regista, venne distrutto dalla critica al Festival di Venezia. Il piccione ero io, quindi colleghi, non vi sconsolate.

La mia sofferenza contro l’intolleranza mi ha portato a fare dei film difficili. Dino De Laurentiis mi disse affettuosamente (credo) “Intellettuale! Impegnato del cazzo! Saresti anche un buon regista!”

Per fortuna ho avuto dei grandi finanziatori: i miei film più difficili sono stati fatti grazie a Franco e Ciccio, Bud Spencer e Terence Hill. Con i soldi di quei film i produttori di quegli anni hanno sostenuto il grande cinema italiano, e sarebbe bello che questo succedesse di nuovo.

L’avventura dei primi dieci anni di RAI Cinema è stata stupenda, una grande occasione di aiutare i miei colleghi, sviluppare nuovi talenti.
Spero di esserci riuscito, sicuramente ce l’ho messa tutta, perché come diceva l’Agnese, la staffetta partigiana del mio film: “quello che si deve fare, si fa”

Agli sceneggiatori dico: abbiate il coraggio e l’incoscienza della fantasia, non censuratevi, guardate oltre chi vuole che facciate tutto per non muovere le acque. Avete davanti delle pagine vuote da riempire con cose nuove con la vostra fantasia.
Giordano Bruno di fronte al tribunale che lo condannava per eresia gli disse, ridendo: “avete piu paura voi”.

Sono stato fortunato, ho vissuto un bellissimo periodo di collaborazione fra registi, sceneggiatori, attori, che si passavano i copioni, discutevano fra di loro, condividevano le idee.

Erano altri tempi, lo so.
Ci si vedeva in trattoria, nei caffe di Piazza del Popolo, al bar di Cinecittà e adesso ahime mi sembra che ci si sia chiusi sui telefonini, a casa davanti al computer, ma soprattutto si sia chiusa la solidarietà fra creativi: il cinema è un bellissimo gioco e come diceva Nicola Sacco al figlio nella lettera dal carcere: “ricorda figlio mio, la felicità dei giochi non tenerla tutta per te”.

Non avrei fatto quello che ho fatto nel cinema e nella vita, senza il mio più ricercato collaboratore; Vera Pescarolo: al prossimo film staremo di nuovo insieme. Vi voglio bene, arrivederci!”

m.bis.

L’articolo Giuliano Montaldo, omaggio a un grande regista e a un amore eterno
roma.repubblica.it è stato pubblicato il 2023-10-20 22:53:40 da [email protected] (Redazione Repubblica.it)


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