Maysoon Majidi: «Sospendere le protezioni dalla Siria è disumano»


CROTONE Il processo a carico di Maysoon Majidi, regista e attivista curdo-iraniana accusata di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare a Crotone, è stato rinviato al prossimo anno. Nonostante la scarcerazione, Maysoon vive in un limbo tra la sua nuova vita da richiedente asilo e il timore della sentenza che incombe su di lei. Il reato di “scafismo”, accusato a numerosi imputati, è particolarmente controverso, e recentemente ha portato a condanne grave per i presunti scafisti coinvolti nel naufragio del caicco Summer Love. Maysoon, intervistata da Claudio Dionesalvi e Silvio Messinetti per il Manifesto, preferisce non commentare il processo, ma la sua vicenda rappresenta il dramma di chi fugge dalla tirannia per finire intrappolato nelle galere di un paese democratico. Nonostante le difficoltà, riceve invitati da tutta Europa e ha scelto di vivere in Calabria, dove spera di trovare finalmente la libertà. Nel frattempo, segue con preoccupazione gli sviluppi in Siria, dove il popolo curdo è ancora sotto attacco. «Non c’è un solo fronte in Siria – afferma – ma ce ne sono due. La Hayat Tahrir al-Sham (che si trova in aree come Homs, Aleppo e Idlib) era precedentemente nota come il Fronte al-Nusra e ora si è alleata con quindici o venti gruppi. Vogliono prendere il potere e attualmente stanno cercando un modo per dialogare con i curdi, non vogliono combattere. Ma c’è un altro fronte a nord (che si trova nelle aree della Valle di Sêrbis e Serê Kaniyê e che ha precedentemente conquistato Afrin) che è chiamato Alleanza Nazionale o Jis al-Watani. Sono sostenuti dalla Turchia e ora hanno formato un governo provvisorio; rappresentano una minaccia per i curdi. Inoltre, in questi giorni il Consiglio Militare di Deir ezZor ha sostenuto le forze Hsd, ovvero i Siriani Democratici, e si è alleato con Tahrir al-Sham. Le relazioni tra curdi e arabi dipendono dai sostegni internazionali da parte di Stati Uniti, Francia e alleati. Se gli alleati si schierano bene accanto ai curdi, la Turchia non potrà minacciare. Ma se non sarà così assisteremo a una grande guerra e a un massacro ancora maggiore.
«Le forze curde – continua Maysoon Majidi sulle pagine del Manifesto – sono forti sul piano terrestre, ma deboli nell’aviazione. Se non ci sono forze aeree, diventa difficile per loro resistere agli attacchi dei jihadisti poiché c’è uno tsunami jihadista in corso, con decine di migliaia di jihadisti arrivati in Siria, sostenuti da un governo ben preciso, la Turchia. Senza supporto internazionale, i curdi sono bloccati su tre fronti. I confini da tre lati sono occupati e l’unica parte del Kurdistan iracheno è libera. I curdi hanno bisogno del sostegno degli alleati». Sul nuovo assetto politico della Siria e la possibilità di libertà e maggiori diritti delle donne, risponde così: «I diritti e le libertà delle donne saranno rispettati solo quando le leggi statali includeranno questi standard e saranno progettate e definite in base ai diritti umani e alla democrazia. Tuttavia, le credenze e i valori dei jihadisti salafiti sono chiari a tutti. La domanda è: quanto credono davvero nelle affermazioni che provengono da loro? Fanno promesse come il rispetto dei diritti umani e delle donne, della democrazia, libertà e inclusione. Cose che praticamente tutti i candidati al potere promettono. Ma quanto possiamo essere certi che lo scenario dei talebani non si ripeterà? Anche i talebani parlavano di diritti delle donne, libertà e democrazia, ma il risultato è stato esattamente l’opposto. La Repubblica Islamica dell’Iran è salita al potere cinquanta anni fa con le stesse promesse, ma sin dall’inizio ha cominciato a uccidere e distruggere i suoi oppositori». «Purtroppo aggiunge – nonostante l’aumento delle insicurezze e delle guerre negli ultimi anni, il supporto per i rifugiati diminuisce giorno dopo giorno. Secondo me, ora non è il momento giusto per questa decisione, perché riguarda un’epoca in cui i diritti umani in teoria dovrebbero essere rispettati, ci dovrebbe essere democrazia e regnare la sicurezza e la libertà, con un sistema di democrazia parlamentare stabilito. Ma adesso sta succedendo tutto ciò in Siria? Sicuramente no. Ora, ogni giorno, le persone vengono uccise a causa delle proprie convinzioni. Negli ultimi giorni, nella regione di Manbij, decine di persone sono state uccise a causa della loro religione, essendo alawiti o assiri oppure a causa della loro etnia e della lingua curda. I soldati disarmati sono stati crivellati di colpi. Togliere il diritto d’asilo in un paese che è ancora in guerra e dove la libertà di ogni persona è minacciata, ha qualche nesso con i diritti umani».

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www.corrieredellacalabria.it è stato pubblicato il 2024-12-15 15:43:37 da Redazione Corriere


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