ANCONA – Era diventato succube della donna che credeva di amare e che aveva accolto in casa sua per costruire un futuro insieme. Per un anno un uomo, disabile, avrebbe subito botte e vessazioni, da parte della compagna arrivata a procuragli anche delle ustioni sul corpo per le sigarette che lei gli spegnava sulla pelle. A far degenerare la storia sarebbe stato l’abuso di alcol di cui la donna avrebbe fatto spesso utilizzo. Finita a processo per maltrattamenti aggravati in famiglia la Corte di Appello di Ancona ha confermato la condanna di primo grado per l’imputata: 4 anni. Sotto accusa una 55enne condannata anche al pagamento di 10mila euro di risarcimento all’uomo che aveva una invalidità accertata del 75%. La vittima, 67 anni, residente ad Ancona, era parte civile con l’avvocato Jacopo Saccomani. I fatti, poi denunciati ai carabinieri, risalgono ad un periodo che va dal 2019 all’estate del 2020. I due dovevano vivere felici invece in meno di due anni l’uomo avrebbe subito di tutto. Violenze fisiche ripetute, minacce, ingiurie, mortificazioni morali.
La coppia si era conosciuta nel 2015, tra loro sembra essere sbocciato l’amore e per questo erano andati a convivere a casa di lui. Inizialmente le cose sembravano andare bene ma poi la situazione è peggiorata. La 55enne, originaria della Sardegna, aveva una dipendenza all’alcol e nonostante si fosse sottoposta alle cure del Sert non riusciva ad uscire dal tunnel. A rimetterci sarebbe stato quindi il compagno, preso più volte a calci e a pugni e che avrebbe cosuetto persino a ricevere degli sputi addosso. A settembre 2019, dopo l’ennesima lite, lui le aveva detto di lasciare casa sua ma lei si era opposta. «Vai a dormire se no ti faccio vedere io», l’avrebbe minacciato. Per timore di essere aggredito nel sonno l’uomo se ne era andato a dormire nell’abitazione del fratello tornando a casa sua la mattina seguente. La donna, stando alle accuse sostenute, lo avrebbe picchiato e lo avrebbe ustionato con la sigaretta accesa sul corpo per vendicarsi. Lei lo avrebbe anche mortificato dicendogli «sei un fallito, sei un pedofilo» e lo avrebbe minacciato di divulgare foto intime di lui fatte a sua insaputa. L’imputata era difesa dall’avvocato Alessia Bartolini. Nel corso del processo c’è stata una perizia per accertare se l’alcolismo della sarda incidesse sulla sua capacità di intendere e di volere ma questo è stato escluso dallo psichiatra che l’ha analizzata.
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