Roma – C’è una manovra che faticosamente sta arrivando alla sua approvazione, tra difficoltà, ostacoli, contestazioni, polemiche e promesse che la realtà ha smentito, vista una crescita stimata dell’1,5% che si è invece fermata allo 0,5%: «Bisogna tenere conto della situazione. Ci sono due guerre in corso. Ci sono Paesi europei in crisi, c’è un problema di crescita nella Ue». E ce n’è un’altra in fieri, il cui percorso sta cominciando ora e che secondo Antonio Tajani — stavolta più nella veste di «ministro del Commercio estero» che si somma a quella di capo della Farnesina — vuole lanciare per l’immediato futuro: «Da oggi — annuncia il leader azzurro — rilanciamo con forza il percorso per dare un vero sostegno della politica a chi produce ed esporta. Per indicare la rotta di una politica industriale che si muova su tre pilastri: crescita, riduzione della pressione fiscale e burocratica e taglio al costo dell’energia investendo sul nucleare».
Cosa succede oggi esattamente?
«Da stasera (ieri sera, ndr) si parte con una grande conferenza degli ambasciatori italiani nel mondo, che vedrà anche la presenza del capo dello Stato Sergio Mattarella. Una quattro giorni divisa tra politica estera e politiche per l’export. Sull’estero innanzitutto daremo le indicazioni sulla nostra linea per avvicinarci a una conferenza di pace sull’Ucraina: ne discuteremo anche con il ministro degli Esteri svizzero Ignazio Cassis e con il responsabile Onu per il nucleare Rafael Grossi. Le ultime due giornate ci trasferiremo a Milano, saranno dedicate proprio all’export».
Nel concreto cosa significa la tappa a Milano?
«Una nuova politica del governo di aiuto e sostegno alle imprese in tutti i campi, e in particolare alle imprese dell’export, che rappresenta il 40% del nostro Pil. Noi ci concentreremo nel sostegno alle aziende: i capi impresa avranno la possibilità di confrontarsi faccia a faccia con i nostri ambasciatori, potranno stabilire contatti diretti per sostenere i loro programmi. E poi c’è l’altra faccia del nostro progetto».
Quale?
«Abbiamo intenzione di riformare la struttura del ministero degli Affari Esteri nel settore del commercio estero, di potenziarla, facendo sì che le nostre ambasciate non siano solo le rappresentanze della nostra politica estera. Assieme agli altri enti come Ice, Simest e Sace, devono diventare propulsori per la crescita economica. In un momento difficilissimo sul piano internazionale come questo, con due guerre su diversi fronti, il governo deve saper sostenere la crescita anche in questo modo».
Anche perché con la manovra non è che stia andando benissimo: ci sono ritardi, l’opposizione contesta che quella uscita dal Consiglio dei ministri sia una legge completamente diversa rispetto a quella che si trovano a votare in Parlamento.
«Non è così. È chiaro che ci sono miglioramenti, cambiamenti, correttivi. Ma la struttura resta. C’è il taglio dell’Ires per chi investe, il taglio del cuneo che va incontro ai lavoratori, poi c’erano cose che avevamo chiesto e ottenuto, come il rinvio di un anno dell’Iva per il terzo settore, e sono tutti tagli fiscali. L’abolizione del blocco del turn over per le forze dell’ordine. Ci sono tanti provvedimenti importanti».
Beh, voi avevate promesso il taglio dell’Irpef…
«Bisogna tener conto dell’evoluzione della situazione nel mondo. Ci sono Paesi in crisi e in affanno come la Germania, la Francia: noi abbiamo il governo più stabile d’Europa e la riduzione dell’Irpef resta eccome come impegno politico. La faremo sicuramente, appena si potrà».
Ovvero quando?
«Vedremo come andrà il concordato fiscale, quali risorse porterà. Purtroppo esistono delle spese incomprimibili, pensiamo solo alla Difesa: facciamo parte della Nato, dobbiamo sostenere spese militari. Quando ci chiedono perché, io lo spiego con un semplice esempio: come potremmo proteggere senza la Difesa le nostre navi commerciali con la missione Aspides nel Mar Rosso? Le nostre esportazioni? La nostra economia?».
Intanto però l’opposizione vi accusa, e in tanti pensano che pensiate più a voi stessi che ai redditi dei più poveri: l’emendamento che innalza lo stipendio dei membri del governo non parlamentari è un errore? E di chi è l’iniziativa?
«Premesso che non è una proposta di Forza Italia, io dico che se vogliamo persone di qualità al governo dobbiamo dar loro uno stipendio adeguato, il che non toglie che alzare i redditi più bassi sia per noi una priorità. Io dico quello che feci io quando lasciai la Commissione europea: rinunciai a mezzo milione di euro, perché il momento era difficile e scelsi di non gravare sul bilancio».
Ma fare politica a un livello così alto è una questione di stipendio?
«La politica è servizio, non serve ad arricchirsi, ma nemmeno si può fare semplice demagogia».
C’è un’altra norma che sta facendo molto discutere, quella cosiddetta “anti Renzi e Piano”. Renzi la vive come un attacco ad personam. Ce ne era bisogno?
«Non è una proposta di FI, ma non mi sembra sia una norma da demonizzare: vista anche la situazione internazionale molto delicata, si cerca di evitare che si abbiano rapporti con interesse economico su settori delicati, come la sicurezza. Chiedendo l’autorizzazione si possono avere rapporti economici con Paesi extra-Ue, se non mettono a rischio gli interessi del Paese. Detto ciò, penso che sarebbe meglio che un parlamentare, come deve fare un ministro, si dedichi solo al suo impegno politico. Mi sembra già molto importante e gravoso, se si vuole farlo bene».
www.esteri.it è stato pubblicato il 2024-12-16 09:42:33 da Utente sito
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