un’esperienza che aiuta a crescere


Il servizio civile è un realtà diffusa a livello territoriale, personalmente penso sia giusto promuoverla il più possibile, affinché i giovani possano provare quest’esperienza. Abbiamo avuto il piacere di parlare con Federico, un ragazzo di ventun’anni di Trento, il quale svolge l’attività di servizio civile da oramai un anno e mezzo. Federico ci ha raccontato come si è avvicinato al mondo del servizio civile, la sua giornata tipo, ciò che sta imparando e l’idea che si è fatto di questo ambiente.

“Dopo aver conseguito l’esame di maturità mi sono preso qualche mese di stop, per capire cosa ne sarebbe stato del mio futuro. Verso la fine dell’ estate ho incontrato i miei vecchi professori, i quali mi hanno detto che c’era la possibilità di svolgere un anno di servizio civile con la Provincia. Fin da subito mi sono interessato a questa possibile esperienza e mi sono informato sulle varie opportunità che offre il servizio civile. Ho avuto l’occasione di conoscere un signore, il quale gestisce una cooperativa per ragazzi disabili in Val di Non. Questa cooperativa era alla ricerca di tre ragazzi per dare una mano, ho fatto il concorso Provinciale per avere uno dei tre posti disponibili e l’ho superato con successo. Così, finalmente, nel novembre del 2011 è iniziata la mia esperienza. Ho fin da subito interagito molto positivamente sia con i colleghi che con gli utenti della cooperativa. Dopo un mese di gavetta la Provincia obbliga i ragazzi del servizio civile a frequentare un corso di formazione generale della durata di tre giorni, con lo scopo di approfondire cos’è realmente il servizio civile, sia a livello territoriale che a livello nazionale”.

Federico abita a Trento, tuttavia svolge la propria attività in Val di Non. Abbiamo così voluto capire come si svolge la giornata tipo di un volontario del servizio civile.

“La sveglia suona dal lunedì al venerdì alle ore 6, dopo aver fatto colazione ed essermi preparato raggiungo la stazione della Trento-Malè, dalla quale parte un treno alle 7.13. Alle ore 8.20 arrivo alla stazione di Dermulo, dove ho la coincidenza con una corriera che mi porta a Romeno, alle 9 in punto inizio a lavorare. Il centro dove lavoro è diurno, di conseguenza le persone che lo frequentano arrivano con il pulmino apposta per disabili la mattina e vengono riaccompagnate a casa nel tardo pomeriggio. Il lavoro mattutino viene chiamato “fase di assemblaggio”. In pratica noi operatori, insieme ai ragazzi, confezioniamo prodotti farmaceutici destinati alla vendita”.

Il centro dove lavora Federico non è l’unico in valle. Questa cooperativa gestisce altri centri sparsi tra la Val di Non e la Val di Sole.

Nei periodi natalizi l’assemblaggio viene sostituito dalla lavorazione del feltro, con il quale creiamo lavoretti artigianali che verranno poi venduti nei vari mercatini natalizi sparsi per l’intero territorio Trentino e durante le feste Vigiliane. Alle 10.30 facciamo una piccola pausa per fare merenda, per poi ricominciare con l’assemblaggio fino alle 12. Il pranzo si svolge presso un ristorante convenzionato tutti insieme, come se fossimo una vera e propria grande famiglia. Alle 13 i ragazzi fanno il loro consueto pisolino pomeridiano, mentre noi operatori mettiamo un po’ in ordine la sala. La nostra famiglia è composta da circa dieci ragazzi e tre operatori. Alle 14.30 il pisolino termina, e si ricomincia con il lavoro della mattina fino alle 15.30. Poi il pulmino torna a prendere i ragazzi. Noi operatori finiamo di lavorare alle 16. E dopo una giornata impegnativa alle 18 arrivo a casa”.

Lavorando in un ambiente così non smetti mai di imparare cose nuove. E’ un continuo apprendere sia sul mondo del servizio civile sia sulla disabilità. Mi sono inoltre accorto che la disabilità è ancora leggermente discriminata. Una delle cose più importanti che ho imparato è che la disabilità appartiene a tutti noi, nessuno è perfetto e, in quanto tale, ci saranno senz’altro ambiti dove alcuni sono migliori di altri. Ad esempio la matematica, io non sono molto bravo, conosco persone che in matematica sono dei veri e propri geni, di conseguenza per me la matematica è una piccola forma di disabilità. C’è bisogno di valorizzare le capacità di questi ragazzi, ad esempio facendogli fare piccoli lavoretti artigianali che li aiutano a sentirsi parte integra della società. Quest’esperienza mi ha fatto e mi sta facendo tutt’ora molto bene, penso che una delle cose che più mi ha colpito è come sono stato accolto il primo giorno, tutti quanti mi hanno sorriso e mi sono sentito davvero come in una grande famiglia. Per i ragazzi del centro sono diventato un vero e proprio fratello, che gli aiuta a non sentirsi da soli. Il ringraziamento più grande che appaga il mio sforzo è vederli sorridere, quel loro sorriso mi riempie il cuore e mi fa stare bene”.

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www.trentotoday.it è stato pubblicato il 2013-03-02 11:21:15 da


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