Bruzzone fa il pieno a Campiglia. «Stasi? L’assassino è lui»

Bruzzone fa il pieno a Campiglia. «Stasi? L’assassino è lui»


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CAMPIGLIA MARITTIMA. Una serata entusiasmante quella di ieri sera, sabato 5 luglio, che ha visto la partecipazione di due grandi ospiti d’eccezione, Roberta Bruzzone, criminologa forense, e Stefano Zurlo, vicedirettore de Il Giornale.

Un dibattito interessante che ha lasciato poco spazio all’interpretazione, una serie di prove e controprove fisiche e psicologiche che inchiodano, secondo Bruzzone, Alberto Stasi come l’artefice del delitto di Garlasco, il tema della serata, organizzata all’anfiteatro di Villa Mussio, il terzo di una serie di eventi, intitolati gli Incontri di Villa Mussio, organizzati dall’associazione Sei Venturinese se, insieme al Tirreno, al Comune di Campiglia e ad Ama Campiglia Marittima.

A introdurre la serata Maurizio Berrighi che ha dato il via al dibattito tra il giornalista Zurlo e la criminologa Bruzzone sul delitto di Garlasco ma anche su altri omicidi. 

Bruzzone fa il pieno a Campiglia. «Stasi? L’assassino è lui»
La presentazione dell’incontro

Il delitto di Garlasco, secondo la criminologa è tutt’altro che un giallo, è un caso di omicidio avvenuto il 13 agosto 2007 a Garlasco, in provincia di Pavia, di cui fu vittima Chiara Poggi, 26 anni, ritrovata senza vita nella villetta di famiglia dal fidanzato Alberto Stasi, fin dal principio l’unico indagato, che venne però assolto in primo e secondo grado, ma ritenuto colpevole nella revisione del processo e condannato in via definitiva a 16 anni di reclusione per omicidio volontario nel 2015.

Le indagini iniziali furono criticate per errori nella raccolta delle prove e per il potenziale inquinamento della scena del reato. Tra gli elementi chiave che portarono i sospetti su Stasi vi furono: le scarpe pulite nonostante avesse camminato sul sangue, l’alibi del pc acceso durante l’orario del delitto, i pedali sostituiti della bicicletta vista da una testimone attendibile.

La pressione dei media e i continui errori nelle modalità con cui furono condotte le indagini hanno influenzato l’esito dei processi. Nuove indagini e richieste di revisione del processo, basate anche su presunte nuove analisi del Dna, sono state presentate e ancora oggi, a distanza di oltre venti anni, si torna a parlare del delitto di Garlasco, di Alberto Stasi e Chiara Poggi.

Bruzzone: «Il colpevole è Stasi»

Il giallo dei gialli, diventato fin da subito un caso mediatico di cui dal 2013 continua ad essere oggetto di rinvii, processi ed analisi, è secondo Bruzzone tutt’altro che un mistero. Il colpevole è Alberto Stasi, senza ombra di dubbio, a confermarlo sono le prove scientifiche ma anche i suoi stessi comportamenti, le bugie, le omissioni, le manipolazioni e le perversioni, tutte sintomatologie che vanno ad indicare che Stasi è una persona con una psicopatologia importante

Lo studio approfondito del caso su cui, da tempo, Roberta Bruzzone lavora, può dare quelle riposte necessarie ad identificare in Stasi l’artefice del delitto.

Un momento della serata
Un momento della serata

«Purtroppo io ho un difetto – dice ironicamente Bruzzone – studio, approfondisco, mi pongo domande e cerco risposte. Quando le trovo, quelle risposte le racconto. Il giallo di Garlasco non è un giallo e la nuova inchiesta è basata su presupposti scientifici a dir poco scivolosi e l’assassino di Chiara Poggi è già stato ampiamente assicurato alla giustizia e si chiama Alberto Stasi».

«Chi conosce l’inchiesta che ha portato alla condanna definitiva di Alberto Stasi sa che pur avendo avuto oggettive criticità, queste sono state però affrontate e approfondite nel corso dei vari processi che ci sono stati. Criticità risolte anche grazie alla procura e all’insistenza della famiglia Poggi tramite ai suoi legali, che hanno avuto il coraggio di portare in cassazione una serie di elementi che dovevano essere chiariti».

«Se è stato assolto nel primo e secondo grado è perché i giudici di allora non avevano quegli elementi che invece avevano i giudici d’appello, che hanno portato ad una rivalutazione del caso».

La prospettiva è quella dell’assassino

«Alberto Stasi non ha mai messo piede in quella casa dopo l’omicidio. Il suo racconto non è quello dello scopritore della scena, ma quello dell’assassino. Tanto è vero che descrive Chiara in una posizione che è quella che può vedere solo l’artefice del delitto dal quarto scalino e non dal nono dove la vittima è stata ritrovata. Il corpo di Chiara ha subito uno scivolamento dimostrato scientificamente dalla quantità di sangue in ogni gradino, scivolamento che la porta alla collocazione del corpo al nono gradino della scala e non al quarto dove l’assassino l’aveva lasciata».

Nessuna tortura sul divano

«Una scena questa che parla in maniera molto chiara. Un solo aggressore, Alberto Stasi. Nessuna tortura sul divano, come si parla ultimamente. Sul divano non c’è alcuna goccia di sangue, come può essere stata aggredita lì se perdeva una grande quantità di sangue dal volto e dal naso?».

La spazzatura: un Fruttolo e un Estathé

Per mesi si è parlato del momento della colazione di Chiara insieme agli assassini da parte della difesa di Stasi. Chiara, secondo la difesa, non avrebbe consumato il Fruttolo in quanto allergica ai latticini, ma il dna sul Fruttolo e sulla cannuccia dell’Estathé erano di Chiara Poggi e di Alberto Stasi.

«Vogliamo davvero credere che Stasi non si ricordasse che Chiara mangiava i Fruttolo? Vogliamo davvero credere che Stasi non si ricordasse di aver bevuto un Estathé? Una birra con la pizza e basta, ha dichiarato. Ma non ci sono dubbi sulla paternità di quest’omicidio».

Alberto Stasi, inoltre, non ha mai parlato dell’Estathé consumato, a parlarne è il suo avvocato, ma solo dopo che emerge il dato che su quell’Estathé c’è il suo dna. Un’omissione importante che lo rende del tutto inaffidabile. Un Estathé di cui non si sa il momento preciso in cui è stato consumato.

Roberta Bruzzone e Stefano Zurlo
Roberta Bruzzone e Stefano Zurlo

Il Dna subungueale e la dattilo 33

La procura di Pavia ha riaperto l’inchiesta basandosi sul dna subungueale e sull’impronta chiamata dattilo 33

La dattilo 33 è un’impronta palmare parziale, esaminata all’epoca dal RIS di Parma nel 2007 esaltandola con la ninidrina (un composto chimico utilizzato per rivelare tracce di amminoacidi, specialmente nelle impronte digitali latenti) che quando reagisce assume il colore rosso porpora per ricercare tracce ematiche. Il test risultò negativo. Ciò significa:

«Quell‘impronta non ha sangue, e nessuna impronta al mondo potrà essere valutata come presente di traccia ematica sulla scorta di una fotografia. Un salto scientifico completamente privo della natura comparativa che mi rifiuto totalmente di commentare. Inoltre quell’impronta era priva delle minuzie, ovvero caratteristiche puntiformi sulle impronte, necessarie per poter fare una comparazione».

Le minuzie necessarie per poter procedere con l’identificazione devono essere almeno 17, in quel caso sono però tra le 5 e le 8 minuzie.

L’incidente probatorio voluto dalla famiglia Poggi è stato, inoltre, rifiutato dalla procura.

Viene data notizia da un tg che sulla dattilo 33 il sangue c’era. In realtà non c’era  proprio niente. 

«Quello non era sangue era ninidrina, il colore rosso porpora era dovuto al reagente!»

L’innamoramento di Chiara e le perversioni di Stasi

I post-it sul frigo sono la dimostrazione che Chiara era ancora presa da Alberto Stasi:

«Lei su quella relazione voleva ancora investire. Chiara era completamente concentrata su Alberto, forse anche fin troppo. Era ancora innamorata, nonostante si lamentasse di una scarsa attenzione da parte di Alberto, soprattutto sulla parte riguardante l’intimità».

D’altro canto però Stasi aveva altri interessi, lo dimostrano le 7000 foto pornografiche catalogate in modo ossessivo compulsivo sul computer:

«Stasi aveva degli interessi sessuali abnormi. Le immagini rilevate sul pc non erano immagini di pornografia nomale ma ritraevano scatti di violenza ai danni di donne ritratte in una condizione di forte fragilità, anche per quanto riguarda l’età. Immagini estreme, raccapriccianti, temi violenti assolutamente abnormi catalogati con una sistematicità ossessiva».

Il viaggio a Londra

Alberto e Chiara erano stati in vacanza a Londra. Tra i due solo una foto, di Chiara al massimo tre in alcuni posti significativi del luogo. 

«Quello che Alberto aveva fotografato durante il viaggio erano scatti di piedi con i tacchi e sederi a donne sconosciute e, in più, totalmente inconsapevoli di essere fotografate. Tutto ciò è accaduto mentre Chiara era a pochi passi da lui. Questo sta a dimostrare il fatto che a lui Chiara non bastava a reprimere questa voglia irrefrenabile. Una condizione compulsiva questa, che lo spinge a raccogliere quel materiale anche mentre la fidanzata è lì con lui. Una dimensione che non si seda, inoltre sono tutte foto catturate furtivamente. Alberto Stasi con la pornografia estrema aveva un rapporto tutt’altro che normale». 

Il movente: quello che Chiara ha scoperto

«Nessuno può sapere cosa di preciso Chiara abbia visto sul pc di Stasi, per colpa degli errori effettuati da carabinieri. Certo è che su quel computer c’era l’inferno e Chiara ha aperto 4 cartelle».

Due domande a Roberta Bruzzone

Roberta Bruzzone è una psicologa forense e criminologa investigativa che ha analizzato la scena del reato nei casi di cronaca nera italiana più eclatanti.

Una donna e una moto, un binomio imprescindibile, occhiali scuri, giacca nera, un tatuaggio sull’avambraccio che cita “resilienza”, ovvero la capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi ma che in psicologia indica la capacità di saper affrontare un trauma, rielaborandolo e superandolo.

Una donna forte, che arriva dritta al punto delle cose e le cose le dice senza girarci intorno. Una donna forte ma che forte lo è diventata e che nasconde un passato che l’ha vista incatenata in un amore tossico, ma da cui è riuscita ad uscire grazie alla capacità di saper neutralizzare. Da sempre Roberta si impegna nell’aiutare donne vittima di violenza e nel suo libro Io non ci sto più si trovano i consigli pratici per riconoscere un manipolatore affettivo e liberarsene definitivamente. Il libro edito nel 2018 dalla casa editrice DeAgostini è un must che ogni donna dovrebbe leggere per poter avere tutti gli strumenti per sapersi tutelare.

Stasi ha un profilo estremamente ego-sintonico, lo dimostra il fatto che dopo solo quattro giorni dall’accadimento, lui si preoccupa della sua tesi, del suo futuro lavorativo e delle assunzioni impossibili  dopo la storia dell’omicidio di Garlasco. Di Chiara neanche una parola. Sembra esserci un aspetto narcisistico dietro. I narcisisti non riescono a provare empatia ma riescono a distruggere la vittima facendo leva sui punti deboli…

«Non solo non provano empatia ma provano un immenso piacere nel vedere la vittima soffrire. L’unica cosa che li fa sentire soddisfatti è vedere la sofferenza dell’altro. Sanno esattamente cosa fa soffrire la loro vittima, la studiano, la manipolano ed infine la devastano, traendone piacere. Fanno leva soprattutto sul senso di colpa».

Perché stiamo assistendo ad un aumento dei casi di narcisismo negli ultimi anni?

«Il problema deriva dalla crisi della genitorialità. Figure genitoriali che sono completamente assenti oppure assecondano i propri figli, perché sono troppo fragili per poter insegnare loro la fatica, per poter imporre dei no certi. Stiamo crescendo un’ intera generazione di bambini che un giorno saranno adulti narcisisti».

Nel libro Io non ci sto più spiega molto bene il narcisismo.

«Quel libro lo definisco la bibbia. È il manuale per riconoscere un narcisista. È stato pensato per divulgare la conoscenza di alcune caratteristiche che permettono di riconoscere se si è di fronte ad una persona con questo tipo di disturbo. È un libro accessibile a tutti. In particolare la check list permette di comprendere in termini pratici, concreti e veloci chi si ha davanti».

Un libro che può salvare delle vite. Ma per chi quest’esperienza l’ha già subita cosa consiglia?

«Chi esce da una relazione tossica con un narcisista ha subito un trauma che solo con il lavoro su se stessi e con il tempo riuscirà a metabolizzare. Quello che consiglio è di non gettarsi subito in un’altra relazione, ma di aspettare, ascoltarsi, non avere fretta e soprattutto conoscere l’altra persona approfonditamente. Spesso chi esce da una relazione con un narcisista  ha un vuoto, una dipendenza e fa l’errore di riempirlo quel vuoto. Consiglio calma e pazienza».

Figli maschi e figlie femmine, qual è più difficile educare?

«Entrambi. Alle femmine va insegnato che non sono delle cameriere pronte a soddisfare i bisogni altrui. Non sono crocerossine che devono per forza accudire o salvare qualcuno, a quello ci pensano i professionisti e in tanti casi non è neanche detto che ci riescano.  Ai maschi, invece, bisogna insegnare che i doveri sono equamente condivisi in una famiglia. E il modo migliore per insegnarlo è l’esempio. È vederlo con i propri occhi. Avere genitori che collaborano nella faccende domestiche e che entrambi sono indipendenti è fondamentale. Purtroppo però il patriarcato è ancora troppo diffuso, per cultura le donne sono portate a tollerare troppo, sono abituate ad obbedire, vengono così trasformate in creature fragili».

Mio figlio mi dice: mamma ti odio, questo perché non gli permetto di fare ciò che vuole

«Brava! Stai facendo un ottimo lavoro. Siete genitori il vostro compito è educare e non soddisfare tutti i voleri del bambino».




  • Collaboratrice di MaremmaOggi.Nel giornalismo non esistono sabati né domeniche, non c’è orario e neppure luogo. C’è passione, c’è talento. Il mio lavoro è il mio sorriso.
    Da sempre curiosa, amo il sapere: più apprendo più vorrei conoscere.
    Determinata o testarda? Dipende. Vivo di sogni e li realizzo tutti.



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www.maremmaoggi.net è stato pubblicato il 2025-07-06 19:40:04 da Jessika Biondi


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