Clan Diomede e Capriati, a Bari sconti di pena agli affiliati


BARI – I giudici della Corte d’Appello di Bari (presidente Francesca La Malfa) hanno rimodulato le condanne «nel quantum» per otto dei diciotto imputati nel processo bis nato dall’operazione «Pandora», per i quali la Corte di Cassazione aveva disposto un rinvio chiedendo alla Corte di Bari di rivalutare la portata delle pene.

Pena di due anni per Nicola Diomede, uno dei pezzi da novanta del clan Mercante-Diomede egemone su Bari, che in continuazione le condanne di altri procedimenti arriva ad una pena complessiva di 30 anni di reclusione.

Sei anni per il fratello Giuseppe Diomede, detto «Pinuccio Diò il cantante» che in continuazione con altre pene ha rimediato 9 anni e 9 mesi di reclusione, ed al quale è stato revocato il beneficio dell’indulto.

Due anni e 8 mesi per Alessandro Abbrescia, quattro anni per Giuseppe Catalano e Giuseppe Cutrignelli, due anni e 4 mesi per Saverio Marella (complessivi 10 anni e 4 mesi), tre anni per Domenico Ottomano ( complessivamente 9 anni e 8 mesi), dieci mesi per Francesco Rizzi ( pena complessiva 5 anni e 10 mesi). Rigettato l’appello del pm nei confronti di Francesco Di Liddo. Queste condanne, però, non sono ancora definitive,

L’operazione Pandora, condotta nel 2018 dai carabinieri del Ros coordinati dagli allora sostituti Lidia Giorgio, Giuseppe Gatti e Renato Nitti, è stata una delle indagini più importanti sulla criminalità organizzata barese, che aveva ricostruito dettagliatamente l’operatività del clan Mercante- Diomede e Capriati, ma non solo: aveva infatti svelato anche tutte le altre articolazioni presenti sul territorio.

Accertati collegamenti tra i due clan, federati tra loro, con le organizzazioni criminali pugliesi di Foggia e con la Sacra Corona Unita, oltre a rapporti commerciali, per l’approvvigionamento della droga, con ‘Ndrangheta, Cosa nostra e Camorra.

Gli imputati, 104 in totale nei tre gradi di giudizio, sono stati ritenuti responsabili, a vario titolo ed in diversa misura, dei reati di associazione mafiosa, rapine, furti, tentati omicidi, lesioni personali.

I carabinieri del Raggruppamento operativo speciale hanno documentato più di un decennio di affari illeciti e le ramificazioni dei due gruppi mafiosi nell’intera regione, da Bitonto a San Severo, passando per Altamura, Gravina, Valenzano, Triggiano e il Nord Barese. Gli atti parlano di riti di affiliazioni, ordini impartiti dal carcere, «arroganza» dei sodali che arrivano a ipotizzare di «segare la testa» ad un carabiniere che indagava sul clan. Dagli atti emerge anche il dettaglio di lezioni di mafia in un bar del quartiere Libertà a Bari con le precise disposizioni date dai capi per evitare la guerra tra i clan, impedire l’interferenza negli affari criminali da parte delle forze dell’ordine e continuare così a gestire indisturbati gli affari illeciti sul territorio. Non ultime, le mire espansionistiche delle due organizzazioni criminali, dal business delle slot machine al mercato dei fiori di Terlizzi, dalle estorsioni a cantieri e commercianti alle richieste di «regali per Natale» ad amministratori locali.



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www.lagazzettadelmezzogiorno.it è stato pubblicato il 2024-07-20 10:18:04 da


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