Il Bari sulla strada giusta: tifosi tra rabbia e orgoglio


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BARI – Quello dei tifosi resta un mondo complicato. Di difficile lettura, talvolta. Complicato andar dietro al vento del popolo, che muta in un batter d’occhio. Bari non fa eccezione, anzi. Con la sua maglia che, come ha saggiamente ribadito Moreno Longo in conferenza stampa, non può essere indossata da tutti. Giocare qui, spesso un altro «sport». A volte si esagera, però. E succede quando qualcuno racconta che «se prendiamo Messi… comunque avrebbero da ridire». Si parlava di qualche mugugno seguito all’ingaggio di Lasagna, reduce da tre stagioni non proprio brillanti (e confermato dal diretto interessato nel giorno della presentazione). Come se ci fosse del preconcetto. Tifoseria esigente, vero. Ma i baresi non sono stupidi. Quando la squadra dà tutto sono pronti a sostenerla andando oltre il risultato. Il pareggio contro il Cosenza, parliamo di questo tanto per restare alla recentissima attualità. Il Bari ha meritato applausi e consensi. Allo stadio e nello scivoloso mondo dei social che continua, tristemente, a meritare attenzioni eccessive, ai limiti della paranoia. Dietro una tastiera ci si costruisce un ruolo da «duri» che la vita smentisce. Come quei calciatori che in campo gonfiano il petto e, poi, nello spogliatoio se la danno a gambe. Miserie, fondamentalmente.

Il Bari, già. Dà la sensazione di continuare il suo percorso di crescita al di là dei risultati. Cresce il senso di squadra, certificato da una perfetta gestione dell’inferiorità numerica. Non soffrire con l’uomo in meno vuol dire tante cose. Organizzazione tattica, umiltà, fisicità, coraggio. E anche qualità. S’è visto un Bari che ha continuato a cercare il fraseggio e il dominio del gioco. Trovando, a campo aperto, anche qualche chance offensiva. Eppure l’avversario non era di quelli teneri, anzi. Alvini insegna principi di gioco che creano più di un fastidio. Un blocco unico con l’imperativo di correre e aggredire a tutto campo. Il Cosenza difende bene ma senza mai trasformare l’attenzione in passività, anzi. Vero, i calabresi non hanno creato tantissimo (ma nemmeno poco) ma anche il Bari non s’è divertito tantissimo negli ultimi venti metri trovando l’unico gol di giornata sull’ennesima pennellata da fermo di Falletti e sul senso acrobatico di Pucino, non nuovo a questi guizzi.

A voler peccare di pignoleria si potrebbe sottolineare come sia Lasagna che Novakovich siano a secco da un bel po’. Entrambi vivi, va detto. E assolutamente funzionali alla filosofia di gioco imposta da Longo. Però serve altro in fase realizzativa. Ben vengano le reti di difensori e centrocampisti ma l’ambizione non può prescindere dall’ispirazione degli attaccanti. Non è un allarme, ci mancherebbe. Anche perché la squadra continua a mostrare una invidiabile fluidità di palleggio che porta alla costruzione di situazioni pericolose. Una presa di coscienza, semmai. E anche un auspicio. Proprio ora, nella settimana che porta alla partitissima di Cremona.

I baresi, intanto, si godono il nuovo Maita. O il vecchio, a dir il vero. Il centrocampista a tutto campo che si esalta nelle due fasi garantendo fisicità, strappi e personalità nella gestione del pallone. Alle spalle un’estate complicata in cui, a un certo punto, si è pensato che il divorzio fosse l’unica strada percorribile. Con racconti diversi, com’era normale aspettarsi. Della società e del procuratore del ragazzo siciliano, pronti a spiegare l’impasse con presupposti diversi. Storia vecchia, ormai. Quello che conta è che Longo abbia ritrovato una pedina fondamentale. La mezz’ala che gli mancava per aggiungere centimetri, chili e aggressività nel vivo del gioco. Maita da un lato, Lella dall’altro. E in mezzo quel Benali di cui non si può fare più a meno, per senso del gioco e capacità tecniche.

Ora viene il bello. E cioè il difficile. C’è da mettersi ancora alla prova e da aggiustare una classifica che, pur cortissima, non può certo far brillare gli occhi quando ti chiami Bari. L’obiettivo è semplice: e si chiama continuità. A settembre serve soprattutto quella delle prestazioni. I risultati, spesso, ne sono una conseguenza diretta. Senza dimenticare che le squadre ambiziose sono quelle che riescono a vincere anche senza brillare. Nelle partite «sporche». Proprio come Bari-Cosenza.




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www.lagazzettadelmezzogiorno.it è stato pubblicato il 2024-09-30 13:17:19 da

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