Perdita uditiva nell’adulto, tra disagi e preoccupazione: ne parlia…

Perdita uditiva nell’adulto, tra disagi e preoccupazione: ne parlia…



Perdita uditiva nell’adulto, tra disagi e preoccupazione: ne parlia…

La perdita uditiva rappresenta una problematica che crea grande preoccupazione e disagio in chi ne soffre in quanto, dopo la vista, l’udito rappresenta la componente sensoriale più importante nel permettere la connessione tra l’essere umano e il suo ambiente circostante. Le alterazioni uditive presentano globalmente un’alta incidenza, specialmente tra la gente più anziana. Ne parliamo con il dott. Federico Gioacchini, dirigente medico otorinolaringoiatra presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria delle Marche (Torrette – Salesi) e professore a contratto presso la Facoltà di Medicina UNIVPM.

Buongiorno dott. Gioacchini, può introdurci brevemente all’argomento delle problematiche uditive?

Si tratta di un argomento molto complesso che racchiude al suo interno svariate questioni anche di ordine psicologico. La complessità dell’orecchio umano deriva dal fatto che il suo normale funzionamento dipende da numerose strutture anatomiche poste in diretta connessione tra loro. Per semplificare utilizzerei come metafora quella degli ingranaggi all’interno di un orologio meccanico. Come i piccoli ingranaggi che si muovono all’interno della cassa dell’orologio, così anche le micro componenti dell’orecchio umano lavorano in perfetta sinergia tra loro. Tuttavia basta l’alterazione di un singolo elemento per compromettere il corretto funzionamento dell’intero organo uditivo.

Dall’esterno per noi è molto difficile comprendere quali siano queste micro componenti anatomiche di cui Lei ci parla e come agiscono. Potrebbe brevemente accennare qualcosa in merito?

Esternamente notiamo il padiglione auricolare, ma la porzione più importante dell’orecchio è nascosta internamente. Si tratta di un sistema di trasmissione meccanica a catena. I suoni entrano attraverso il canale uditivo, fino a raggiungere la membrana timpanica che è simile alla membrana di un tamburo. Ha forma circolare e viene messa in vibrazione dalle onde meccaniche che si propagano nell’aria. A sua volta la membrana timpanica è in diretta connessione con il martello.  Questo ossicino si connette all’incudine e l’incudine trasmette il suo movimento alla staffa la quale genera una pressione che crea delle onde all’interno di un liquido (chiamato “perilinfa”) racchiuso nella chiocciola. Il movimento della “perilinfa” fa attivare le “cellule ciliate” ovvero i recettori uditivi che trasformano (o meglio traducono) l’impulso meccanico sonoro in un segnale elettrico.

Che cosa accade una volta che l’impulso meccanico sonoro è stato trasformato in un segnale elettrico?

A quel punto il segnale elettrico inizia a viaggiare dalla chiocciola verso il nostro cervello, attraverso il nervo acustico. Nell’arco di frazioni di secondo abbiamo immediata percezione dei suoni che ci circondano.

La sua descrizione ci fa comprendere quanto sofisticato sia il sistema uditivo dell’essere umano. A suo parere come mai la nostra specie ha sviluppato un organo di tale complessità?

Questo sistema così perfetto si è evoluto in milioni di anni, e rappresenta un’arma di sopravvivenza incredibile se ci riflettiamo attentamente. All’interno di un ambiente naturale, potenzialmente pericoloso, l’udito è il senso su cui maggiormente si fa affidamento per carpire segnali di potenziali predatori. Infatti, a differenza della vista, l’udito ci consente di percepire rumori provenienti da ogni direzione (anche alle nostre spalle), e rispetto alla vista non è dipendente dalla luminosità del luogo. Immaginiamo di dover attraversare in piena notte una foresta. Certamente non potremmo fare troppo affidamento sui nostri occhi ma sarà il nostro udito ad avvisarci di eventuali movimenti sospetti intorno a noi.

Fortunatamente nella nostra epoca non dobbiamo preoccuparci di sopravvivere ad attacchi di predatori feroci. Che importanza mantiene quindi il senso dell’udito per l’uomo moderno?

Possedere un udito ottimale è fondamentale anche per la vita nel mondo moderno. Un deficit uditivo può infatti comportare problematiche di sviluppo nel caso del bambino, oppure psicologiche nel caso di persone adulte. Immaginiamo un bambino che sentendo meno non riesce a sviluppare un linguaggio soddisfacente. Oppure si pensi ad un giovane studente universitario che non riesce a seguire correttamente le lezioni; infine ad un anziano già in difficoltà per problematiche motorie che si trovi in un ambiente cittadino in cui non percepisce bene i suoni delle auto mentre attraversa la strada.

Per quanto concerne la gente adulta, qual è la patologia maggiormente implicata nella perdita uditiva?

In merito alla gente di età medio-alta la principale causa di sordità è la “presbiacusia”. Questa condizione si riferisce a una perdita uditiva bilaterale che tipicamente colpisce gli individui dopo i 60-70 anni. Inizialmente tendono ad essere percepiti meno bene i suoni più acuti, ma nel tempo anche la percezione delle frequenze più basse risulta compromessa. La causa di questa condizione è connessa ad un danno localizzato a livello della chiocciola ed attualmente non sono disponibili trattamenti farmacologici efficaci. Nei casi in cui il livello di sordità diventi invalidante è buona norma valutare l’utilizzo di protesi acustiche, per garantire al paziente un buon livello di comprensione verbale.

Di solito molti di noi pensano all’otite come malattia in grado di causare una perdita uditiva più o meno severa. Che cosa può dirci a riguardo?

Dobbiamo considerare le otiti come un’ampia gamma di processi infiammatori acuti o cronici in grado di generare disturbi alla normale funzione del nostro orecchio. L’otite acuta, se diagnosticata e curata nel modo corretto, normalmente non porta a particolari deficit uditivi a lungo termine. E’ diverso il caso delle otiti croniche che nel tempo possono compromettere in modo notevole l’udito del paziente.

Che altre tipologie di sordità sono riscontrate più di frequente nella vostra pratica clinica?

Molto frequente è il caso delle “sordità rinogene”. Questo termine comprende tutte le condizioni di deficit uditivo (acute o croniche) che hanno origine da un mal funzionamento nasale. Essendo il nostro naso in diretta connessione con le orecchie attraverso le tube di Eustacchio, accade spesso che infiammazioni nasali e sinusiti possano portare ad accumuli di muco e catarro all’interno delle orecchie. In questo caso la terapia va focalizzata all’origine del problema ovvero deve essere rivolta a guarire in primis la patologia nasale. Più raramente si osservano dei quadri isolati di disfunzione a carico delle tube di Eustacchio, nonostante ci sia una situazione nasale sostanzialmente normale.

Ci sono ulteriori patologie connesse a una perdita uditiva tra i pazienti adulti che si rivolgono all’otorinolaringoiatra?

Esistono altre condizioni che, sebbene più rare, vanno tenute in considerazione quando ci si approccia al paziente ipoacusico. E’ il caso dell’otosclerosi, una patologia che compromette la motilità della staffa. Può essere mono o bilaterale, di solito si manifesta intorno ai 30-40 anni con maggiore prevalenza per il sesso femminile. La gestione di questa malattia prevede potenzialmente un trattamento di tipo chirurgico. Diversa è invece la gestione della malattia di Menière che origina da un accumulo di liquidi all’interno dell’orecchio interno. Essa si caratterizza per rapidi cali uditivi, spesso associati a crisi vertiginose ed acufene. In questo caso la gestione è prevalentemente farmacologica con terapie mirate per il singolo soggetto. Ulteriore patologia che può causare una sordità monolaterale progressiva è il neurinoma del nervo acustico. Da non dimenticare poi eventi micro-ischemici, da occlusione di piccoli vasi arteriosi che irrorano la chiocciola; in questi casi il paziente può sperimentare una sordità di grado variabile che insorge improvvisamente. Si tratta di un’emergenza otorinolaringoiatrica in quanto, eventuali recuperi uditivi, dipendono dal rapido inizio della terapia farmacologica.

Quali sono le principali criticità che dovete affrontare attualmente in ambito audiologico?  

In merito ai danni acustici connessi a degenerazioni a carico della chiocciola è frustante sia per il medico che per il paziente non poter facilmente giungere a una diagnosi di certezza su quale sia stata la condizione che ha innescato il processo di perdita uditiva. Va sempre accuratamente spiegato al paziente che la chiocciola è un’area anatomica inaccessibile dal punto di vista diagnostico, in base alle attuali tecniche radiologiche. Pertanto, ad oggi, non esistono esami che possano permetterci di osservare che cosa sia accaduto ai recettori uditivi di un paziente che ha subito un danneggiamento nell’orecchio interno.

Che novità ci sono all’orizzonte per risolvere questo grave limite diagnostico?

In futuro con il miglioramento delle risorse tecnologiche a nostra disposizione saremo in grado di implementare di molto la nostra capacità diagnostica sulle varie perdite uditive che attualmente non siamo in grado di comprendere a pieno. Inoltre è verosimile che verranno sviluppate in parallelo anche terapie molecolari mirate a stimolare la rigenerazione dei recettori uditivi all’interno della chiocciola. Studi scientifici su questo argomento sono in corso già da diversi anni da parte di molti gruppi di ricerca, specialmente negli Stati Uniti. Possiamo affermare che si stanno progressivamente spalancando le porte di una nuova era, per quanto concerne le future terapie audiologiche.

Il vostro gruppo di ricerca UNIVPM ha potuto contribuire nello studio di questo argomento?

Ho il piacere di poter rispondere in modo affermativo. Infatti con il gruppo di ricerca della Facoltà di Medicina UNIVPM, guidato dal Prof. Massimo Re, abbiamo recentemente ultimato un contributo scientifico dal seguente titolo: “Proposal of a Theoretically Feasible Method to Perform Perilymph Sampling in Clinical Settings.” Nell’articolo, che è stato pubblicato su una rivista internazionale, descriviamo i potenziali vantaggi del prelievo di “perilinfa” dall’orecchio interno a scopo diagnostico. La “perilinfa” è infatti un particolare liquido biologico contenuto nella chiocciola ed è logico ipotizzare che un suo micro-campionamento possa fornirci molte delle informazioni attualmente mancanti in merito alla patologia che causa la perdita uditiva nel singolo paziente. Vista la complessità ed i rischi connessi a tale procedura chirurgica essa non viene ancora praticata ma la speranza è che il nostro articolo possa servire da input per riuscire a sviluppare una tecnica sicura, che ci consenta di eseguire tale analisi diagnostica in modo routinario.

In conclusione cosa consiglierebbe ai nostri lettori?

Il consiglio è fondamentalmente quello di prestare la massima attenzione alla qualità del proprio udito e di quello dei propri cari specialmente se anziani.  Qualsiasi perdita uditiva dovrebbe essere riconosciuta ed inquadrata nel modo più precoce possibile per valutare il miglior trattamento.

Leggi tutto l’articolo Perdita uditiva nell’adulto, tra disagi e preoccupazione: ne parlia…
www.anconatoday.it è stato pubblicato il 2025-04-16 16:53:37 da


0 Comments